Rosa, Rosaspina, profumata di basilico e tutta, tutta, prima o poi affonderà.
Con i mosaici bizantini delle basiliche, l'architettura araba, le scogliere nere di tufo, quel Mandralisca, che tenne chiuso, nelle chiuse stanze, il sorriso dell'ignoto marinaio.
Quell'Antonello, celato al mondo, ripercorre nuove strade saltellando sul lastricato, da una pietra all'altra, verso il lavatoio. Scopre lo scrosciare delle acque che corrono via, soffermandosi un tanto, quello che possono, dentro vasche ombrose. Corre via verso il mare, salta da una pietra all'altra, incontrando l'azzurro che ferisce, per troppa luce e colore. Abbacina, stordisce, assopisce, in un limbo d'inedia.Le pietre arroventano i sensi.
. Ogni ritorno è come il primo.Ogni saluto è come l'ultimo: denso, accorato.Bisogno di partire, per poi tornare. Fuggire per poi ritrovare.Il tempo ha corroso intanto pietre, rive, bruciato boschi, eruttato lava, ribollito acque nei mari. Ritornare a quella Ferita dell'Aprile.
Quel Cristo in veste bianca scende una celeste scalinata bordata di gigli immacolati,
muove un piede scalzo e fiorito d’una piaga sui gradini e gliene mancano ancora tre per essere a terra,
tra i bastasi della refezione.( Da la Ferita dell'Aprile. Vincenzo Consolo
Immagine sull'altare maggiore della chiesetta a S. Agata, ove nacque)
Per quella Ferita dell'Aprile torni e ritorni mai domito a questo sole che ferisce, intorpida le membra, assopisce.Ma sboccia rose e rose, profuma salvia e sulla bocca fiorisce parole e versi.
Ritorni all'isola spezzata come un coccio, spezzata com'è da Scilla.
Percorsa da venti fino alle rupi laviche, tagliate come diamanti; alle conche dei crateri affondati negli azzurri delle isole. Che, affollate di felci, lì, sulle vette, ondeggiano come mare e intasano le narici di un soffio vitale, come di sangue che scorre turbinoso e rigenera la mente. E ne senti l'odore, di sangue, di vita. E sale scorre via veloce e poi lento, sfuggito alle ciglia per il vento e per, mai esaurita, nostalgia.
Via, via da tutto questo. Via.
Per poi tornare.E finire in essa.Io non so che voglia sia questa, ogni volta che torno in Sicilia, di volerla girare e girare, di percorrere ogni lato, ogni capo, inoltrarmi all’interno, sostare in Città e paesi, in villaggi e luoghi sperduti, rivedere vecchie persone, conoscerne nuove. Una voglia, una smania che non mi lascia star fermo in un posto. Non so. Ma sospetto sia questo una sorta di addio, un volerla vedere e toccare prima che uno dei due sparisca. (Vincenzo Consolo Retablo)
CLA