Il ragazzino aprì la porta che dava sulla scala i cui gradini a giorno erano semplici lastre di marmo infisse nel muro; gli davano sempre un senso di angoscia orribile, temeva sempre di veder spuntare tra un gradino e l’altro delle mani che gli afferravano le caviglie e lo trascinavano giù nel buio. Mani di spettri evanescenti fatte di nebbia, mani verdognole e graveolenti di morti, mani artigliate di demoni, mani nere di rakshasa… quando scendeva correva per arrivare giù, e quando saliva andava avanti guardando la lampadina nuda sul soffitto senza far cadere l’occhio davanti a sé, pregando che la porta fosse rimasta aperta. Nell'aria c’era un tanfo sgradevole di pelo di cane bagnato, di muffa e di acqua marcia, misto all'aroma strano del gasolio; su uno scaffale di legno imbarcato, accanto a decine di barattoli di salsa di pomodoro e di marmellata di albicocche, c’era una vecchissima borsa di pelle rugosa e stinta. Risalendo le scale si accorse che stava stringendo il manico della borsa come se dal portarla via di lì fosse dipesa la sua anima.
Aprì la borsa e ne uscirono alcuni vecchi fumetti appartenuti alle sue sorelle, ne sfogliò uno che ritraeva in copertina un personaggio che suonava una cornamusa che sputa monete d’oro come se fosse la mano di Dhana Lakshmi; le pagine esalavano l’odore caratteristico della carta vecchia e della polvere combinato al puzzo della cantina, ma originavano una magia al pari delle monete di cui narravano quelle storie, monete che sfregate tra le dita sprigionavano una sorta di nebbia che permetteva di vedere la storia del personaggio effigiato. Così il bimbo triste si pasceva di quella magia e scappava dall'Egitto assieme al Pah-Peh-Reo, correva a difendere le botti piene di monete d’oro assieme a Petronius Paperonius -arbiter cucinarum-, rovistava in un umido castello sulle rive del Loch Ness assieme a Mc Paperon.
Il ragazzino solitario sapeva che se nel profondo del suo cuore fosse rimasto un po’ bambino avrebbe sempre avuto un rifugio, una tana dove poter piangere liberamente e curarsi le ferite, avrebbe potuto conservare lo stupore e la meraviglia di quel mondo che per tanti versi gli faceva paura. E le avventure? Una volta diventato adulto ne avrebbe vissute?Certo! Per quelle piccole di ogni giorno mi arrangio da solo, ma per quelle grandi… vivo quelle di Paperone, magari assieme a lui.MM