Enrico Mentana dal suo Tg, dopo aver riflettuto sulla clamorosa chiusura del programma di Vittorio Sgarbi passa la parola agli ospiti di Lilli Gruber: Beppe Severgnini e Serena Dandini e “scusate se è poco” conclude. Ed ecco accendersi le luci nello studio di Ottoemezzo dove anche la padrona di casa riprende l’analisi della faccenda girando direttamente la domanda alla Dandini: ” perché uno dei programmi della Rai è stato chiuso”? – “si dice per mancanza di spettatori, risponde l’ospite, ma è un pò troppo, di solito si da il beneficio della seconda volta, anche perché ha una scenografia bellissima che io vorrei riutilizzare, giusto per non sprecarla, forse era un po’ troppo sgarbicentrica”! – In effetti, Sgarbi si è prodotto in un monologo di attacco alle energie pulite, ha fatto da mattatore sperando di bissare e magari superare il record di Roberto Saviano, figuriamoci. Nel programma del noto critico d’arte non si sono ravvisati elementi di spettacolo, non è un talk e nemmeno qualcosa di nuovo, insomma un programma sbagliato dall’inizio oppure semplicemente il tempo dei telepredicatori è finito!
A riassunto fatto e col senno di poi credo che le responsabilità del flop vadano ridistribuite, tra i dirigenti , il conduttore e gli autori; questi ultimi forse dovevano presagire che il tempo delle liti, dei toni alti e dell’irritabilità è al tramonto che Sgarbi non ha per sua natura un ritmo televisivo sostenibile, pur possedendo un patrimonio di conoscenza, non possiede il carisma necessario al mezzo televisivo, che al pubblico risulta antipatico e sprezzante e consegnargli l’incombenza di un one man show è stato arduo. Così il progetto culturale, ammesso che ce ne fosse uno, è andato appannandosi e ora a noi telespetattori ci restano le polemiche, le calunnie, le querele. Forse si è avuto troppa fretta di chiudere, forse si potevano vedere cose interessanti, strutturate diversamente, forse il conduttore non andava sfruttato come il solito saccente provocatore. Ma a me sembra che visto che sovente si accusa il pubblico televisivo di essere tanto insensibile ai richiami della cultura, quanto morbosamente interessato al gossip di ogni genere o ai reality, forse questo tentativo di acculturamento andava proposto in modo diverso, forse questo tentativo di legare televisione e cultura non andava affidato interamente a chi fa cadere dall’alto la propria conoscenza e si propone sempre come uno che da lezioni su ogni argomento.
In conclusione il sistema televisivo gioca un ruolo importante per la sua potenzialità comunicativa, a patto che la cultura non sia un patrimonio di conoscenze riservate, come una forma nobile di intrattenimento, a una cerchia di élite, la cultura non può essere per pochi – dev’essere cibo per tutti. È chiaro che a questo punto occorre seguire un’altra via: quella di capire che cosa sia veramente la cultura in televisione.