di Gianni Lannes
Su la testa!
Finale di partita o dipartita finale? Un fatto è certo: la censura totale. La libertà di pensiero non è gradita a chi detiene il potere per conto terzi. Ora tocca ai blog: la democrazia va annichilita per sempre, tanto la popolazione italiana non reagirà mai, avranno pensato i maggiordomi dell’alta finanza e i soliti boiardi di Stato. Al totalitarismo soft del terzo millennio imposto da un potere straniero in salsetta tricolore, non basta controllare le leve dell’economia, le forze armate, la stragrande maggioranza degli organi di informazione o ricattare i morenti partiti. Adesso che iniziano a manifestarsi i veri effetti delle manovre governative, ovvero fallimenti di massa e suicidi a catena, spunta fuori la proposta ministeriale di Paola Severino: una regolamentazione per i diari liberi che navigano su internet. Niente di nuovo: ci aveva già provato il piduista di Arcore, con tessera 1816 rilasciata dalla loggia P 2 di Eugenio Cefis (il mandante degli omicidi Mattei, De Mauro e Pasolini). Lo ha annunciato proprio il ministro della Giustizia, non eletta democraticamente, ma imposta con un golpe presidenziale – in barba alla Costituzione repubblicana e alla sovranità popolare – intervenendo al Festival del giornalismo di Perugia, evento già sponsorizzato dall’Enel con tanto di propaganda nuclearista. Nessun giornalista di fama ha reagito: l’atonia intellettuale è più che completa.
Un pretesto – «Il cittadino ha il diritto di interloquire con un altro cittadino – ha detto il guardasigilli abusivo – ma lo deve fare seguendo le regole: credo che questo sia un dovere di tutti, anche di chi scrive su un blog». «Il fatto di scrivere su un blog – ha aggiunto – non ti autorizza a scrivere qualunque cosa, soprattutto se stai trattando di diritti di altri. Ricordiamoci che i diritti di ciascuno di noi sono limitati dai diritti degli altri, io non posso intaccare il diritto di un’altra persona solo perché sono lasciato libero di esprimermi». Sui blog, in particolare, Severino ha sottolineato come «il problema non è vederli con sfavore ma reprimere gli abusi che vengono fatti, anche se su internet è più difficile. Non c’è un preconcetto – ha ribadito – ma questo mondo va regolamentato altrimenti si finisce nell’arbitrio». L’autentico problema italiano, almeno per il ministro è quello di reprimere i cosiddetti e presunti abusi. «Il giornale – ha detto la Severino – ha una sua consistenza cartacea. Il giornalista è individuabile e l’editore anche ed è dunque possibile intervenire. Il blog ha invece una diffusione assolutamente non controllata e non controllabile. E’ in grado di provocare dei danni estremamente più diffusi. Ecco perché bisogna vederne anche la parte oscura. E’ un fenomeno certamente positivo per certi aspetti ma nel quale si possono annidare anche cose negative (può essere un punto criminogeno). Questo mondo va regolamentato e pur nella spontaneità che ne rappresenta la caratteristica non può trasformarsi in arbitrio».
Senti chi sproloquia – «Il cittadino – ha spiegato il ministro – ha il diritto di interloquire con un altro cittadino ma lo deve fare anche lui seguendo le regole. Credo questo sia un dovere di tutti, anche di chi scrive sui blog. Il fatto di scrivere su un blog non ti autorizza a scrivere qualunque cosa soprattutto se stai trattando di diritti di altri. Ricordiamoci che i diritti di ciascuno di noi sono limitati da quelli degli altri. Non posso intaccarlo solo perché sono lasciato libero di scrivere. Mi devo sentire libero di scrivere e i blog hanno questa grandissima capacità di diffondere il pensiero in tempo reale, un grandissimo pregio che riconosco. Ma questo non deve far trasformare la libertà in arbitrio. Questa è una regola che tutti dovrebbero seguire». Del resto «è molto difficile» configurare un obbligo di rettifica per i blog.
Repentino l’intervento del deputato Massimo Donadi: «Il web è un patrimonio di tutti, è e deve restare libero. Siamo contrari a qualsiasi forma di censura sui blog, che sono fondamentali per la circolazione delle notizie, del pensiero e della cultura». «Non c’è bisogno di leggi restrittive perché le norme attuali già sono sufficienti contro la diffamazione e la circolazione di notizie false. I blog sono un esempio di libertà, un fenomeno culturale e informativo da coltivare e sostenere, non certo da controllare o imbavagliare. I blogger sono una risorsa, i problemi dell’informazione sono ben altri».
Tallone giudiziario – Secondo l’avvocato Severino «è nelle fasi interlocutorie delle indagini che più di frequente avviene la comunicazione e la diffusione della notizia». La selezione spetta quindi, secondo il ministro, al pubblico ministero o al giudice, a seconda dei momenti. «L’idea di base è lasciare al magistrato il compito di escludere le notizie che non sono rilevanti e attengono esclusivamente alla sfera personale delle persone interessate dal provvedimento, anche in quelle fasi nelle quali il provvedimento stesso viene consegnato alle parti» ha spiegato. In pratica quella cui sta pensando il ministro è una regolamentazione imperniata su tre cardini. Primo fra tutti la libertà della magistratura i secretare informazioni che metterebbero in crisi le indagini e allo stesso momento «salvaguardare la sfera personale». Perché, sostiene il ministro non è utile, neppure ai giudici, che si divulghino elementi non riconducibili alle indagini. I tre punti sono: «il diritto-dovere del giornalista di informare su fatti che hanno una rilevanza sociale, quello del magistrato di portare avanti le proprie indagini con una tutela della riservatezza indispensabile in alcune fasi e infine il diritto del cittadino, anche sotto indagine, di vedere pubblicate notizie che attengano all’inchiesta ma non esclusivamente la sua vita privata e anche di non vedere sui mezzi d’informazione contenuti di intercettazioni non rilevanti per il procedimento». Insomma, in questa ottica, dopo la sentenza decalogo della Cassazione, saranno i magistrati a stabilire come e cosa scrivere o raccontare.
Addio articolo 21 – «I blog possono fare più danni dei giornali», ha detto Severino, accennando a una regolamentazione in sede di Unione europea per evitare che i provider si possano trasferire in Paesi dove le maglie della legge sono più larghe. «Il cittadino ha il diritto di interloquire con un altro. Ma deve seguire le regole», ha detto la Severino. «Scrivere su un blog non autorizza a scrivere qualunque cosa, soprattutto se si sta trattando di diritti di altri. I blog hanno capacità di diffondere pensiero ma questo non deve trasformarsi in libertà di arbitrio», ha ripetuto Severino che appunto prevede presto una forma di regolamentazione. Anche se sarà «difficile pensare a un obbligo di rettifica nei blog». Sarebbe invece opportuno introdurre nel codice penale un nuovo reato: ossia l’ostacolo alla libera informazione. Una norma positiva per rafforzare la difesa di un diritto sancito dalla Costituzione e dalla carta fondamentali dei diritti europei.
Deriva pericolosa – Sereni e sorridenti e spensierati. Ridere senza pensare: è l’imperativo categorico. Ci vogliono come tifosi lobotomizzati, mentre ingiustizia, corruzione e mafie statali imperversano. Al popolo italiano vengono tenute nascoste verità inconfessabili, ad esempio la presenza sul suolo nazionale di centinaia di ordigni atomici targati USA, in violazione del Tratto internazionale di non proliferazione nucleare (TNP). Al popolo italiano vengono tenute nascoste da più di mezzo secolo le cose essenziali per la libertà. Per dirla con il grande presidente Sandro Pertini: «Libertà e giustizia sociale costituiscono un binomio inscindibile». A quando la concretezza di una nuova resistenza che salvaguardi le libertà e i diritti fondamentali? L’Italia, come abbastanza noto, è al 75° posto della classifica mondiale della libertà d’informazione. Vogliono farci retrocedere all’ultimo gradino planetario con tanto di decreto governativo? Il peggio, forse deve ancora arrivare: il Parlamento è stato già platealmente esautorato da ogni facoltà. Ci vogliono sudditi, non cittadini e così tentano di privarci anche della libertà d’opinione. Non dimentichiamo che in punta di diritto costituzionale, il governo Monti è privo di autorità legittima, in quanto non sottoposto al voto democratico, ovvero alla sovranità popolare. Allora: congediamo pacificamente Monti Mario e la sua banda di autoritari burocrati, prima che l’addomesticamento in atto dia i suoi frutti più deleteri.