Sguardi di donna

Da Marcoscataglini

Le donne sono oramai alla ribalta, nel bene e nel male, ma direi soprattutto nel male. Improvvisamente ci si è resi conto che "l'altra metà del cielo" esiste, ma questo non certo per il fatto che le donne abbiano conquistato finalmente piena e completa parità di diritti, con stipendi uguali agli uomini (le donne sono ancor oggi pagate meno, in media, pur svolgendo gli stessi incarichi) e con carriere parallele a quelle dei colleghi maschi (le donne al vertice di aziende ed enti pubblici sono a tutt'oggi una infima minoranza), o perché infine la disoccupazione femminile sia scesa finalmente a livelli europei (il 50% delle donne italiane è ufficialmente disoccupata, anche se poi lavorano, eccome, facendo le casalinghe). Niente di tutto questo. Mandati al macero 50 anni di femminismo, con i suoi alti e bassi, oggi si parla delle donne perché fanno vacillare il governo e mettono in difficoltà il nostro premier. Non già per la loro abilità politica (in Parlamento le donne, che pure sono più della metà della popolazione, sono più rare dei Panda in Cina), ma perché partecipano in gran numero alle feste di Arcore, e sono tutte giovani e belle. Non voglio inserirmi anch'io nel deprimente mainstream dei commenti tra il piccante e l'offensivo di cui abbondano giornali, radio e tv. Mi interessa invece far notare che si è tornati ad un modo di concepire la donna che sembrava oramai definitivamente superato, almeno per ciò che riguarda gli ambiti della cultura e della politica. Sembra quasi che ci siano solo due categorie di rappresentanti del "gentil sesso": quelle "bòne" (passatemi il termine triviale che ben rappresenta il concetto: essere belle è tutta un'altra storia. Quelle che occhieggiano dai giornali, con tutto il rispetto, sono solo "bòne") e quelle che vorrebbero esserlo. L'aspirazione ad essere piacenti e gradevoli d'aspetto riguarda sia gli uomini che le donne, ovviamente, e non c'è niente di male in questo. Una bella donna, che attira lo sguardo, può essere ammirata dagli uomini senza che questo scateni improvvise recriminazioni femministe: fa parte del gioco amoroso e sessuale e ci mancherebbe che si torni alla "pruderie" di un secolo fa, bigotta e ipocrita. 
Qui, però stiamo parlando di altro: del far carriera e avere successo solo per i meriti fisici donati da madre natura (con generosità nei punti giusti) senza che ci si ponga il problema se "sotto il vestito" ci sia qualcosa, e solo grazie al fatto di aver solleticato i sensi del "capo" (diciamo così). Quando si finisce per denigrare altre donne (quelle poche che fanno politica davvero) perché sono "brutte" (e non magari perché dicono cose che non si condividono) il cerchio è chiuso. La politica, che è "solo far carriera" come cantava Guccini, diviene anche lo specchio di una società che si vorrebbe bella, giovane e aitante (manca solo l'appellativo di "ariana"...), rimestando in ricordi del passato che sarebbe meglio seppellire per sempre, mentre -guarda caso- si è circondati di gente normale, non bella, non brutta, ma magari assai più intelligente.
Dopo questa premessa, e tornando al campo che mi è proprio, cioè la fotografia, vorrei fare alcune semplici osservazioni. La fotografia ha sempre fornito un'immagine controversa della donna. Come soggetto, è stata "sfruttata" in modo addirittura esagerato. Una larga fetta della storia della nostra arte è basata su ritratti di donne, vestite o meno. Ci sono interi generi fotografici, come il nudo artistico o il glamour, che si basano al 99% su modelle donna (solo Mapplethorpe e pochi altri hanno scelto modelli maschili, con risultati eccezionali, fra l'altro). Negli anni '70, al clou del movimento femminista, questo ha provocato parecchie polemiche e lunghe, stucchevoli discussioni, che riverberano oggi nella polemica che contrappone alcune donne (tra cui la Mussolini) a Oliviero Toscani, "reo" di aver realizzato un calendario dove sono ritratti pubi femminili, i cosiddetti "triangoli di venere". Operazione discutibile, magari, ma personalmente non la reputo offensiva per le donne, soprattutto ai tempi di "Ruby rubacuori". Ma la domanda è: perché mai un calendario da camionista o da officina meccanica, dove appunto campeggiano modelle "bòne" poco vestite sarebbe diverso dalla raccolta di immagini di nudo artistico realizzata, per esempio, da Avedon? Fermo restando che dare una risposta definitiva è impossibile, è evidente che gli intenti sono ben diversi. 
Le fotografie di glamour (spesso ben fatte e apprezzabili anche da un punto di vista artistico) si rivolgono alle parti basse dell'osservatore (la pancia: che avete pensato?), cioè solleticano emozioni immediate, semplici e poco profonde. Per un uomo, osservare la foto di una bella ragazza poco vestita e in posa ammiccante, ovviamente, qualcosa smuove! Non c'è niente di male, e indiscutibilmente una bella ragazza è qualcosa di piacevole, ma stiamo veramente parlando della superficie delle emozioni. Una bella foto di nudo artistico, invece, si rivolge alla testa e al cuore: il soggetto è nudo, ma questo non significa che il messaggio sia sessuale (a volte può esserlo, ma non necessariamente), quanto piuttosto che quella che stiamo osservando è una donna, un essere umano nella sua essenza: i vestiti la connoterebbero troppo, anche come epoca storica, e renderebbero meno "pura" la fotografia. C'è il massimo rispetto per la modella e per l'osservatore, che magari viene stimolato con immagini forti (in alcuni casi disturbanti) ma per un motivo che va oltre la breve eccitazione del momento. Insomma il fotografo, attraverso il nudo, ha qualcosa da dire, mentre nelle foto di glamour meno si dice e più si mostra, meglio è. Dunque, non tutti i nudi sono uguali, non tutte le donne sono riprese nelle foto con gli stessi intenti e soprattutto nella fotografia "vera" non si costruisce un immaginario erotico a uso e consumo degli uomini. 
Questo basta a sostenere che viviamo invece nell'era del glamour, del "faccela vedé", dell'erotismo da giornaletto porno e dispiace (ma non stupisce) che tutto ciò accada ai massimi livelli della nostra vita istituzionale. Le starlette che vediamo sbattute in prima pagina andrebbero bene per realizzare un calendario o al massimo (ma è già una promozione) per la doppia pagina di "Playboy": dubito che un serio fotografo di nudo chiederebbe a queste ragazze di posare per una foto artistica. Anche se alcune di loro sono laureate o laureande, e parlano correntemente inglese (essere "bòne" non significa essere stupide), non hanno con sé stesse e con il proprio corpo quel rapporto di rispetto e amore che le metterebbe in grado di mostrarsi senza la volontà (o il timore) di solleticare i bassi istinti di chi le guarda.
E infine: e le donne fotografe? Perché è vero che le donne sono state modelle e ispiratrici, ma molte, moltissime volte sono state dall'altra parte del mirino (realizzando anche bellissime foto di nudo femminile!), con risultati di altissimo livello. Basti citare la mia preferita, Julia Margareth Cameron, che in piena epoca Vittoriana incarnò non solo il ruolo di donna fotografa, ma soprattutto di donna in grado di gestire la propria autonomia, di essere in qualche modo già emancipata. Pensiamo poi agli intensi ritratti della Bourke-White, o di Annie Leibovitz, o a Eve Arnold, senza dimenticare Francesca Woodman, che durante la sua breve e tragica vita ha saputo trovare un modo originale e sensuale di esprimersi, anche attraverso intensi autoritratti (e anche nudi di sé stessa). Ma esiste un modo femminile di fotografare? Credo di sì: le donne hanno una maggiore capacità di entrare in empatia col soggetto, una maggiore profondità (pensiamo alla Arbus), la capacità di rischiare, ma senza quel machismo che differenzia ad esempio le foto di Robert Capa da quelle di Gerda Taro, sua compagna di vita, scattate durante la guerra di Spagna. Spesso venivano firmate da entrambi i fotografi, ma quelle di Gerda mostravano un approccio ben diverso. Capa cercava la prima linea, la Taro sapeva anche guardarsi intorno, scoprire le piccole storie, indugiare sui particolari, come ho potuto verificare l'anno scorso visitando una mostra che Stoccarda (città natale di Gerda) gli ha dedicato.
Questo ci porta alla conclusione. Sinora le donne sono state relegate a oggetto della politica, invece che a soggetto. E questo perché il punto di vista è sempre stato maschile. Le donne non hanno ancora saputo imporre un modo femminile di approcciare la politica, e le donne che politica fanno, scelgono metodologie e modalità maschili (vogliamo parlare della Tatcher? Ma è solo l'esempio più clamoroso), così sembra quasi che per affermarsi nel mondo del lavoro e della vita pubblica debbano "chiedere il permesso" agli uomini. Questo ha gravi conseguenze sulla vita civile del mondo occidentale, soprattutto nei paesi, come quelli dell'area mediterranea, in cui il fenomeno è più forte: non si riesce a trovare un nuovo approccio, davvero diverso intendo, per far crescere la società. Se le donne sono portatrici di valori forti quali la solidarietà, il dialogo, la fantasia (cosa che spero), farebbero meglio a dimostrarlo, senza pensare che applicando questi principi si viene etichettate come "femminucce" e dunque snobbate. Chi lo fa o è un uomo o è una donna plasmata da una società maschilista (e sono tante). 
Finora, dicevo, non sono emerse donne davvero in grado di mostrare una nuova strada, e anche quelle che sono in posti di responsabilità (tipo la Camusso o la Marcegaglia) non sembrano in grado di gestire in modo diverso le loro organizzazioni (fortemente maschiliste). Ma la speranza è l'ultima a morire. Sempre senza dimenticare che il problema dei diritti umani in generale e delle donne in particolare, non potrà dirsi risolto finché non allargheremo lo sguardo dalla nostra realtà occidentale a tutto il mondo. Quel mondo in cui le donne sono relegate ai margini della società, dove non hanno possibilità di studiare e spesso di lavorare, e magari vengono uccise o ferite gravemente, e menomate, per annullare la loro femminilità e farle sentire proprietà assoluta dei loro uomini. Milioni di persone, di donne, vivono quotidianamente questa tragedia (a cominciare dall'infibulazione) senza che nessun politico occidentale senta il dovere di intervenire in modo concreto (e al di là di vuote dichiarazioni di rito), e anzi continuando a fare affari con questi paesi che calpestano la dignità di milioni di persone. Come uomo, me ne vergogno un po'...

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