“Sguardi di mondi rubati”, il racconto di Moira Fusco, senza mediazioni e preamboli ci introduce immediatamente sulla scena di un incontro, quello tra Inès e Gabrièl, la prima una volontaria di un equipe medica, il secondo un fotografo, nello scenario di Ouaga, capitale del Burkina, tra le macerie dei bombardamenti, il costante pericolo e il coprifuoco nelle strade. Proseguendo nel racconto, breve e intenso come un episodio di guerriglia urbana, ci accorgiamo che i due protagonisti condividono un passato.
Interessante come l’autrice, in poco spazio, riesca a rendere il distacco tra il pericolo e la prospettiva di salvezza, che viene improvvisa scappando fuori dalla città, e ritornando ai lembi di quella foresta che è madre e che accoglie, come uno sguardo che cela in sé “tutte le storie del mondo”, tutti i miti, tutto il passato, tutto il futuro. Buona lettura.
Luciano Pagano
“SGUARDI DI MONDI RUBATI”
di Moira Fusco
Si erano conosciuti così Inès e Gabriel, in un pomeriggio scandito dal fragore incessante di quei colpi dei fucili dei soldati che avevano occupato le strade di Ouaga, saccheggiandola senza troppi ripensamenti. Strade intrise del puzzo nauseante di oggetti bruciati, testimoni di illusioni di uomini andate in frantumi e mai più ritornate, di volti segnati da interminabili lotte intestine perse in un tempo senza memoria e che sapevano densamente di vita, di vite…
La linea rosso fuoco dell’orizzonte africano spaccava il cielo in modo prorompente, segnando il labile confine tra il giorno e la notte, una notte la cui presenza ingombrante dopo lo scoppio di quei tormenti sembrava non volere più cedere il passo al giorno.
E quando in quel caldo pomeriggio di polvere rossa tanto cara alla terra africana, la mano di Gabrièl toccò quella di Inès, entrambi sentirono che qualcosa nelle loro vite sarebbe cambiato per sempre.
In lei c’era tutto: sguardo intenso adombrato da un fondo di malinconica dolcezza; spirito misto di ribellione e sfrontatezza che le conferivano un che di imprevedibilità agli occhi di quanti aveva incontrato nella sua vita. E in lui c’era tutto: gusto forse estremo per il nuovo e la scoperta; passione esasperata per quei viaggi che lo spingevano fino ai lembi del mondo e un calore palpabile dettato da due grossi occhi neri quasi fossero onice.
Gabrièl afferrò con fermezza la mano sporca di fango e un po’ sudata di Inès che per una brevissima frazione di secondi la ritrasse, probabilmente più per vergogna che per paura: “Non morirai qui! Ma adesso devi correre, dobbiamo allontanarci e in fretta! La città non è sicura e tra poco partirà il coprifuoco” – così le disse, fissandola con l’intensità che quegli occhi neri emanavano tra la semplicità più disarmante.
- Mi sono persa… – esitò Inès ancora una volta.
- Non è il momento – rispose secco Gabrièl con un tono di voce che stavolta tradiva una punta di insofferenza per l’immobilità ostinata della ragazza – muoviti ho detto se ci tieni alla tua pelle! -
- Corri Inès, corri! Muovi quelle belle gambe! – urlò Gabriel riportandola alla realtà quasi volesse sottrarla ai suoi pensieri, quasi temendo che il coraggio disperato di quella donna fosse ingoiato anch’esso da tutta quella miseria e orrore.
Stavano percorrendo quel che rimaneva di una città la cui fine era stata già forse segnata sul nascere da giochi di potere che richiamavano le pagine più tristi della storia, fatte di atroci e imperdonabili negazioni della dignità umana.
- Corri Inès – nelle orecchie il suono deciso della voce di Gabrièl, le si confondeva ora a quello morbido della voce di sua madre che le tornava in mente con la forza che i rimpianti sanno ben suscitare! Quanto avrebbe voluto stringerla ancora e dirle di esserle grata per tutto ciò che era, affondando completamente il palmo della sua mano su quel volto così chiaro che in passato aveva più volte baciato fino a farsi ripetere – Sei sempre una bambina eh? -.
Poi d’improvviso l’urlo di Gabrièl la riportò alla realtà o forse fu più quel terribile dolore alle gambe che l’aveva invasa come fosse fuoco – Gabrièl, ti prego… – riuscì a emettere a stento con l’ultimo fiato rimastogli in petto.
- La periferia! Inès guarda la periferia! – urlò Gabrièl, scandendo le parole con la stessa gioia e ansia di un bambino che arriva in un posto atteso per ore.
Di fronte ai due ragazzi il verde incontrastato della foresta africana nella sua essenza più nuda e autentica, priva di inutili orpelli, fin troppo avvolgente da lasciarsi immaginare.
– Ce l’abbiamo fatta Inès, siamo fuori, i militari non si spingeranno fino a qui – la rassicurò Gabrièl stremato, con le pupille degli occhi ormai dilatatissime, il volto intriso di sudore e i battiti del cuore sempre più accelerati.
Inès scoppiò in un pianto liberatorio lasciandosi cadere a terra, ma Gabrièl la trattenne a sé stringendola forte. Avevano corso parecchio temendo di non riuscire a varcare il confine sorvegliato dai soldati. Gabrièl aveva scelto di passare per quelle strade ridotte in macerie riuscendo così a evitare le ronde che perlustravano di continuo i pochi edifici rimasti ancora in piedi, per poi inoltrarsi tra le periferie che conducevano ai villaggi limitrofi fatti di capanne di foglie e legno, estremamente poveri e poco appetibili.
- Sei salva Inès e non morirai oggi – disse Gabriel sorridendole dolcemente, stringendola ancora più forte tanto da avvertire un incastro perfetto tra i loro corpi ancora esausti e tremanti.
Inès alzò nuovamente il capo, incrociò gli occhi di Gabrièl che la fissavano in attesa di risposta e le sembrò ancora più bello tra il rosso del tramonto spennellato al blu più intenso della sera che scendeva piano su di loro.
Sapeva di aver trovato Gabrièl. Sapeva di averlo trovato per sempre.
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Moira Fusco è docente di psicologia e comunicazione, con un’esperienza biennale di insegnamento a Roma, attualmente collabora con il Centro Risorse Famiglia della Provincia di Lecce. Ha insegnato in Portogallo, in seguito è stata in Benin, presso l’orfanotrofio Porto Novo, per un progetto di volontariato in Africa. Ha collaborato con la testata giornalistica “Voci Globali” (http://www.vociglobali.it), scrivendo articoli di cultura e interventi incentrati sulla difesa dei diritti umani.
Le immagini, scattate a Ouaga durante una performance di ‘scotchcrossing’ sono dell’artista BIZARD, http://www.bizard.net/