Sguardi: Valerio Fabbri

Da Narcyso

Valerio Fabbri, IMMAGINI ABITATE, La Vita Felice 2011
Collana Sguardi
Direzione: Gabriela Fantato
Comitato: Sebastiano Aglieco, Corrado Bagnoli, Luigi Cannillo

Quello che compare nei versi di Valerio Fabbri è un mondo in orizzontale, potremmo dire, dove la vita scorre tra marciapiedi sporchi e muri scrostati: tutto avanza lineare e senza senso, teso in una sola direzione, per cui le vite di tutti appaiono ‘semplici” e come incastrate dentro una routine che sovente si riempie di urla per cose da poco e vane, come se le esistenze fossero incise da una malattia cronica che tutto e tutti colpisce: “Abbiamo fatto rumore con la spazzatura, mentre al piano di sotto i vicini, litigavano sul riscaldamento: esiste un marchio segreto o degrado, una specie di fiera, una città cronica, deturpata dai manifesti. E stranieri, stranieri da queste parti, inchiodati dal futuro». Valerio Fabbri pare volerci dire che a tutti coloro che incontriamo in queste sue “immagini abitate” è assegnato un destino ‘in perdita”: un vuoto di futuro, per cui nei versi il tempo è afferrato solo nel suo consumarsi in un eterno presente. [...] Quando tutto pare perduto nel suo opaco fluire, il poeta si solleva un po’ dal piano orizzontale, si mette di lato e cerca un “un pezzo di verità” dice, forse cerca solo qualcosa da salvare in poesia, come si legge in questo passaggio: “Tutto è visibile in questo formicolio, ma invento un posto luminoso, alla mia mancanza di simpatie: a volte ascolto di straforo, mi vergogno, mi sembra di trovare un pezzo di verità, sulle bocche semplici di tanti sconosciuti”.

Gabriela Fantato

***

ESTERNI

*
Le nuove fabbriche eleganti di metallo
stanno a guardare dal lato della storia
dove si apre l’acqua magra del canale
tagliata dal traghetto, e arrivano nel buio
sudato i disegni dei cruscotti, le maglie
cariche di desiderio e pantaloni ripieni
di messaggi forti, lanciati fuori dai denti.
*
I confini squarciati, aperti, divaricati,
viscidi e osceni come l’origine della vita.
*
Ai margini della strada provinciale
brilla di candele la piccola nicchia
con l’immagine sacra, riconoscibile
sullo sfondo incipiente della sera.
Due vecchie stanno sedute a mani incrociate,
soppesano mentalmente le giuste preghiere
e col buio se ne vanno chiudendo gli sgabelli.
Quando attraversano la strada incurvate,
barcollanti, tagliate in due dall’orizzonte
entrano nel buio e diventano paesaggio.

*

NEL VUOTO DELLA MENTE

L’edificio alzava dieci piani
traforato ognuno da finestre,
spuntavano dai fianchi secchi
le mascelle ossute del balconi.
Dietro le tende,
nell’impallidire della luce
ancora accesa, emergeva vaga
una figura umana: una verità
che lentamente amava svelarsi.
*
Ho rivisto ancora quell’attimo di separazione
lontano da lei come un campanile sullo sfondo.
Quel fragile e decisivo attimo
impalpabile e leggero, finale,
quando gli occhi parlano e i sensi riposano.
A volte baciare non è premere le labbra,
come sempre, ma toccare la pelle sottile
che riveste il teschio, densi
i nostri pensieri.
*
Pensò alle ore passate in chiacchiere
con le vicine nelle sere stritolate
dall’estate su sedie di plastica verde,
e tornò subito in possesso di quanto
era già suo, si sentì prendere veloce
coscienza delle cose, della distanza
fra sé e le cose.


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