Sharon Van Etten, Roma, Circolo degli artisti, 7 dicembre 2014
Creato il 14 dicembre 2014 da Lo Sciame Inquieto
L’aspetto più originale di questa serata di concerto al Circolo è la presenza di mio nipote diciottenne, P., che è a Roma in visita con la famiglia. Gli ho proposto di trascorrere una serata io e lui, andando a vedere il concerto di Sharon Van Etten e anche se lui non sa di chi si tratti (e anzi ammetterà in seguito che non è neppure tanto il suo genere di musica) accetta volentieri.
La nostra serata inizia con una pizza di Farro Zero a casa e poi via in motorino fino al Circolo.
Arriviamo piuttosto presto; ci sarà al massimo una decina di persone. Ma per me è la norma, visto che tengo particolarmente a stare nelle prime file per fare le foto con la mia macchina fotografica. Dopo una chiacchierata col nipote, e man mano che la sala si riempie, arriva sul palco Marisa Anderson, un donnone di Portland (Oregon), che si posiziona sulla sua sedia e comincia a inanellare una serie di canzoni strumentali suonate con una normale chitarra elettrica e un altro strumento che sembra una chitarrina orizzontale, suonata con le dita ma quasi come uno xilofono. Marisa ci spiega il perché e le origini di ogni sua canzone e ci strappa qualche sorriso e diversi applausi, creando atmosfere country che ci portano direttamente dentro alcuni paesaggi americani. Poi com’è venuta così va via, lasciando il palco agli strumenti della band di Sharon Van Etten.
Nel frattempo accanto a mio nipote si posizionano due ragazze che si rivelano super fans di Sharon Van Etten e che, oltre a spintonare mio nipote per guadagnare le prime posizioni, canteranno a squarciagola tutte le canzoni conoscendone tutti i testi a memoria (tranne delle due canzoni inedite!).
E così, dopo una breve pausa, ecco salire sul palco la protagonista della serata, con maglioncino lungo a righe e una frangetta che le copre completamente gli occhi, al punto che potremo realmente scoprirli solo molto più avanti durante il concerto. Accanto a lei quattro musicisti, la tastierista e seconda voce Heather Woods Broderick (la cui bravura colpisce non meno della sua bellezza), il chitarrista Doug Keith, il batterista Darren Jessee e il bassista Brad Cook, che festeggia proprio questa sera il suo compleanno.
Sharon ci dice subito che è la sua prima volta a Roma e subito dimostra di essere in vena di chiacchiere, di battute e di buonumore. Ringrazia più e più volte il pubblico presente e continuerà a farlo durante tutta la serata.
Il concerto si apre con la bellissima Afraid of nothing che è anche la canzone che apre il suo splendido ultimo album, Are we there.
La prima linea del palco è occupata visivamente ed emotivamente dalle due donne, Sharon e Heather, che si scambiano sguardi di intesa e sorrisi, e si rincorrono con le voci e gli strumenti, lasciando non solo fisicamente sullo sfondo i tre musicisti.
Il resto lo fa la voce di Sharon, che emoziona, scalda l’atmosfera e unisce (e a tratti mi fa venire in mente le emozioni di un altro concerto al Circolo, quello di Anna Calvi), mentre passa dalla chitarra elettrica a quella acustica e talvolta anche a una specie di sintetizzatore.
A una serie di brani suonati collettivamente dalla band al completo e tratti in parte dall’ultimo disco, in parte da quelli precedenti (di cui però io conosco solo Tramp), segue la cover di Perfect day eseguita da Sharon da sola sul palco con la sua chitarra e poi Don’t do it suonata e cantata insieme a Heather Brooke.
Con una delle canzoni di punta del suo ultimo lavoro, Your love is killing me, si chiude il concerto e la band si congeda, ma il pubblico li richiama a gran voce costringendoli a tornare sul palco, dove ci regalano ancora due canzoni, prima di salutarci nuovamente.
Però il pubblico non è ancora sazio e così Sharon accetta di tornare ancora una volta sul palco per cantarci Every time the sun comes up. Ma questa volta il suo è un saluto definitivo, o forse meglio un arrivederci alla prossima puntata romana.
Per quanto mi riguarda, uno dei migliori concerti dell’anno e Sharon Van Etten una conferma sul piano delle composizioni musicali e una scoperta nell’esecuzione dal vivo. Splendida.
Ne sentiremo parlare.
Voto: 4/5
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