Shehrazade e l' Esame di Stato

Creato il 15 luglio 2010 da Pinaimperato

foto: flickr

Shehrazade è la principessa persiana che salva tutte le donne del suo paese dall'odio spietato del re Shahriyar. Costui, infatti, ferito dal tradimento della prima sposa, è diventato preda di un insaziabile desiderio di vendetta. Accecato dall'odio verso le donne, ogni giorno si sceglie una moglie che uccide spietatamente il mattino seguente alla prima notte di nozze. Perciò la gentile e saggia Shehrazade decide di offrirsi al re, confidando nella possibilità di sciogliere dall'odio il suo cuore e di salvare così dalla morte tutte le fanciulle di Persia. Divenuta sposa di Shahriyar, sul far della notte, la principessa avvince il re coi fili di una sapiente narrazione. All'alba la storia non è terminata. Allora lo sposo regale decide di rinviare la morte di Shehrazade per conoscere l'epilogo di quell'intreccio che l'ha catturato. Accade così che l'incantevole narratrice inanella di notte in notte una sequela infinita di racconti, grazie ai quali la sua morte viene rinviata per “mille e una notte”, finché il re, guarito da quelle labbra salvifiche, cede per sempre all'amore per Shehrazde e per la vita.
La vicenda che ho in sintesi narrato è la cornice dell'opera fiabesca più famosa al mondo, Le Mille e Una Notte. Dalla sua struttura e dal suo significato (l'incanto salvifico del racconto) sono stati ispirati molti narratori, finanche, probabilmente, il nostro Giovanni Boccaccio nella composizione del suo Decamerone.
Mi sembra che il senso universale dell'emblematico labirinto di storie delle Mille e Una Notte stia nella rappresentazione della vita umana protesa alla conoscenza attraverso l'ascolto della parola di un'amante narratrice. L'etimologia del termine “narrare”, del resto, ci illumina sulla funzione conoscitiva dell'arte del racconto. Il vocabolo deriva, infatti dal latino “gnarus” = “conoscitore, esperto”, aggettivo a sua volta generato dal verbo “gnosco / nosco” = conoscere. Analogamente se consideriamo il termine “storia”, ne rinveniamo il senso nell'etimo greco ἱστορία (historìa) da ἵστωρ (histōr) = “che conosce”, ricollegabile a οἶδα (oida) = “io so per averlo visto”.
Shehrazade è quindi dotata di una parola sapiente che “istoria” la vita con l'incanto della narrazione”. È colei che commuove trasportando il re nel bel mezzo della vita, inducendolo a conoscersi negli intrecci di innumerevoli racconti. Colui che ascolta compie un'esperienza del mondo e apprende a conoscere se stesso. La parola sapiente di Shehrazade nomina gli “oggetti” della vita e li anima con l'incanto di un'evocazione dalla notte della coscienza confusa e inconsapevole di un “inesperto bambino” che si dibatte negli istinti e nelle passioni cieche e ferine della bestia primordiale.
L'arte della narrazione è pertanto la prima “scuola” di conoscenza. Shehrazade è una simbolica maestra di conoscenza.
Povera Shehrazade se capitasse d'improvviso nel bel mezzo di un Esame di Stato! Le toccherebbe ascoltare l'inanellarsi di vuote parole in cui annasperebbe invano alla ricerca di un senso! Si chiederebbe chi abbia mai ridotto i suoi vivi racconti negli insulsi frammenti delle cosiddette “mappe concettuali”! Ascolterebbe inorridita ed incredula elucubrate proposte di tabellate “griglie di valutazione”, partorite da dotti e magniloquenti sostenitori di novelle “magnifiche sorti e progressive”! Non potrebbe in alcun modo lasciarsi prendere dall'ascolto di qualche bella “istoria” dipinta nei volti giovanili innanzi a lei, ma sarebbe costretta ai calcoli dei numeri incasellati in una tabella sulla quale diverse paia di occhi appuntati controllano al di sopra e al di sotto di quale totale siano o non siano attribuibili i punti del “bonus”! Sembrerebbe alla povera Shehrazade di trovarsi in un bazar a contrattare per cianfrusaglie scompagnate e logore raccattate ed ammucchiate alla rinfusa da un mercante rozzo ed incurante ed ignorante della varietà e del pregio della materia.
Delle storie degli uomini stupiti dall'universo e delle loro domande che inseguono la verità non importa più a nessuno in quel rito inutile che è l'Esame di Stato, ovvio epilogo di una scuola immiserita e svilita non solo dalle “riforme” informi di legislatori ignoranti ed asserviti al potere di un'iniqua economia gestita da venditori di fumo, da imbonitori di masse pronte a lasciarsi abbindolare come scimmie ammaestrate in un circo di infimo ordine!
Tutta la scuola è salita sul carrozzone di questo circo triste! E lo spettacolo si svolge sotto un tendone rappezzato malamente e diretto il più delle volte da maldestri domatori, da giocolieri e prestigiatori di illusoria apparenza! Gli artisti del circo sono ridotti a “risorse umane” pronte a svendere la libertà della loro sapiente creatività ai calcoli dei budget, delle griglie, delle rendicontazioni per i monitoraggi, degli standard da far apparire per appiccicarsi qualche “bollino di qualità” riconosciuta sulla base di una incomprensibile statistica di astratti dati numerici!
E allora, riprendendo la domanda conclusiva dell'amico Pino nel suo ultimo post, “ Auto in corsa senza conducenti!”, leggibile su in-crocivie.com, mi chiedo: “come mai” nella scuola “ci tocca essere “guidati” da un personale così inadeguato di fronte alle sfide e anche alle promesse possibili del nostro tempo?”
So formulare soltanto un auspicio. Che si diffonda di nuovo, quanto prima, la sapiente parola di Shehrazade ispirata dal sacrificio e dall'etica “leggera” dell'amore!


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