Può una serie che vanta pochi e brevi appuntamenti nell'annata televisiva entrare nel cuore degli spettatori meglio e più di un lungo telefilm? Se il soggetto in questione è Sherlock, senza ombra di dubbio.
A Quasi 2 anni dagli eccellenti risultati raggiunti con A Study in Pink, The Blind Bankere The Great Game, la serie cult della BBC torna per un secondo round con la chiara intenzione di battere sé stessa: sempre e solo 3 episodi da 90 minuti per scavare nella personalità di Sherlock Holmes, immortale personaggio nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle alla fine dell'800 e rinato nella Londra contemporanea grazie a Steven Moffat e Mark Gatiss, con l'intento di restituirgli una profondità che fin troppo ben nascosta dalla maschera della deduzione era un mistero persino per il suo autore.
Senza timore di mettersi subito in gioco coi personaggi più ingombranti del Canone, la seconda serie apre quindi le danze con la famigerata Irene Adler, unica figura femminile degna di nota nel mondo di Sherlock Holmes che eredita dalla sua gemella letteraria, figura chiave del racconto Uno Scandalo in Boemia( A Scandal in Bohemia, presente nel ciclo di racconti " le avventure di S.H.") l'arduo compito di tener testa al Detective.
Prima di entrare nel vivo dell'azione A Scandal in Belgravia doveva però risolvere lo spietato cliffhanger che aveva chiuso The Great Game, lasciando gli spettatori attendere a lungo prima di sapere se e come Sherlock Holmes( Benedict Cumberbatch) e John Watson(Martin Freeman) sarebbero sfuggiti allo scontro con l'inquietante villain Jim Moriarty(Andrew Scott).
Per fortuna la questione è stata rapidamente risolta da Steven Moffat, sceneggiatore per quest'episodio, usando una svolta da manuale ma non priva di ironia: una misteriosa telefonata, che scopriamo essere proprio della Adler(Lara Pulver), fa squillare il cellulare di Moriarty a suon di Stayin' Alive convincendolo a rimandare lo scontro finale con l'avversario(" Sorry, wrong day to die."); senza rinunciare a un'ultima uscita squisitamente terrificante("So if you have what you say you have, I'll make you rich. If you don't, I'll make you into shoes.") il Genio del crimine abbandona la scena consentendo alla storia di riprendere, se pur nella fresca e contemporanea rivisitazione di Moffat, lo scheletro del racconto originale.
Data la delicatezza della situazione l'illustre cliente e i servizi segreti britannici, nella persona del sempre vigile Mycroft Holmes(Mark Gatiss) ingaggiano Sherlock per recuperare le scottanti fotografie, ma sembra che nemmeno quest'ultimo riesca a sfuggire al fascino fatale di Irene Adler: pur avendo scoperto con uno stratagemma il nascondiglio del prezioso cellulare, l'infallibile detective finisce per essere battuto metaforicamente e letteralmente da questa donna scaltra e intelligente che si dimostra subito degna del suo rispetto e della sua attenzione.
Lì dove si concludeva Uno Scandalo in Boemia, Moffat sceglie però di andare oltre sviluppando una linea narrativa complessa e intrigante: le foto sono solo la punta dell'iceberg quando nel cellulare si nascondono le indicazioni per un misterioso piano terroristico, parte della fitta ragnatela criminale tessuta da Moriarty, che mette sulle tracce della Adler persino i Servizi Segreti Americani.
Con Sherlock apparentemente del tutto raggirato e disorientato la vittoria di Irene sembra completa e definitiva, ma a dispetto della sua assoluta sicurezza La Donna è affetta da una fatale debolezza che fa naufragare l'intera operazione: le dita premono sui tasti come coltellate mentre Sherlock scopre di essere egli stesso la chiave d'accesso al prezioso cellulare della Adler( la password è I'm-Sher-locked ), dimostrando ancora una volta come il sentimento sia un difetto pericoloso che condanna alla sconfitta (" sentiment, sentiment is a chemical defect found in the losing side").
Nel filtrare le vicende di Uno Scandalo in Boemia attraverso le logiche della modernità molti succosi dettagli sulla pagina scritta sono stati opportunamente preservati, dallo scandalo fotografico a danno di una testa coronata al travestimento da reverendo di Holmes, fino allo stratagemma del finto incendio per scoprire dove si nascondono gli scatti e il desiderio di Sherlock di avere un ricordo della Adler( sulla carta era una fotografia, qui è il cellulare).
La scelta di aggiungere un pirotecnico intrigo internazionale, assolutamente funzionale per restituire il giusto spazio ai personaggi e farli uscire dal racconto, riesce ad amplificarne il fascino costruendo un puzzle dove ogni tassello o quasi trova il suo posto. L'ironia non si fa mai attendere e alcune trovate sono già entrate nella leggenda( I'm Sherlocked su tutte), ma ad essere messi in discussione dai più puristi del Canone sono stati i cambiamenti apportati nell'attualizzazione di Irene Adler, da sempre gelosa di attenzioni da parte di ogni trasposizione cinematografica o televisiva in quanto presunto (ma basta leggere le parole di Doyle per capire quanto l'affermazione vada presa con cautela)love interest di Sherlock Holmes.
"To Sherlock Holmes she is always THE woman. I have seldom heard him mention her under any other name. In his eyes she eclipses and predominates the whole of her sex. It was not that he felt any emotion akin to love for Irene Adler. All emotions, and that one particularly, were abhorrent to his cold, precise but admirably balanced mind. He was, I take it, the most perfect reasoning and observing machine that the world has seen, but as a lover he would have placed himself in a false position.[...]And yet there was but one woman to him, and that woman was the late Irene Adler, of dubious and questionable memory."(A.C.Doyle, A Scandal in Bohemia)Nell' interpretazione di Benedict Cumberbatch, Sherlock Holmes non è mai stato più in forma: mentre scala con straordinaria sicurezza le vertiginose deduzioni del suo personaggio il versatile attore inglese veste il ruolo del Detective quasi come un guanto, regalandoci una performance magnetica ed imbattibile.
Sotto la regia di Paul McGuigan, che non teme di strizzare l'occhio al collega Guy Ritchie nelle scene d'azione alternando un ritmo scatenato al rallenty più sfrontato, sempre sullo sfondo ma mai dimenticata Londra recita magnificamente nei panni di sé stessa, grazie a una fotografia che ama I giochi di specchi e riflessi e che non si lascia sfuggire un possente omaggio alla leggendaria Battersea Power Station.
Con un raffinato gusto per riferimenti più o meno velati al canone ufficiale(palesi quelli a The Adventure of the Speckled Band, The Greek Interpreter e The Adventure of the Engineer's Thumb) e alla storica iconografia dei personaggi(fa il suo debutto anche l'essenziale deerstalker), A Scandal in Belgravia è un adattamento brillante e frenetico in perfetto Stile Steven Moffat: al Grande Sherlock Holmes, il ventunesimo secolo non poteva chiedere di meglio.