In questa terza puntata vediamo il concludersi della corta sfida tra Sherlock e il nuovo villain della serie, Charles Augustus Magnussen. Il personaggio, come già detto nel commento alla prima puntata, è ispirato a Charles Augustus Milverton, che compare solamente in una storia scritta da Conan Doyle nelle 13 successive alla morte e al ritorno di Sherlock Holmes. Milverton è descritto nei romanzi come il “Re dei ricatti” e nella serie tv c’è poca differenza. Sin dalle prime battute, infatti, lo vediamo ergersi come un uomo senza scrupoli e calcolatore, che prende le debolezze degli uomini e le usa contro di loro. La sfida rischia di essere abbastanza epica, solo una cosa può rovinare questa puntata: le eccessive risatine, meglio conosciute come “momenti LOL” della serie.
Questo è stato l’anno, oltre che del ritorno di Sherlock, delle grandi discussioni attorno al tema: Sherlock deve/può far ridere oppure no. Se avete letto i post precedenti, avrete capito che sono uno che si schiera nel lato “ok a qualche momento divertente, ma che non siano eccessivi e caratterizzanti al punto da mutare le basi della serie”. Nelle prime due puntata c’è stato il serio rischio che gli attimi divertenti facessero un po’ “rodere il culo” (scusate il francese), ma questo terzo episodio si rituffa nel canone classico della serie, quello che ce l’ha fatta amare. Più seria, meno momenti LOL e ben dosati e un caso di tutto rispetto. Ineccepibile (magari avrei concluso il caso in maniera diversa, ma tutto sommato ineccepibile).
I colpi di scena, soprattutto nell’ultimo episodio, sono stati alla base della stagione stessa, proprio come lo è stato il “castello mentale” di Sheldon, che nelle prime due stagioni è stato nominato una volta, mentre in questa solo stagione viene ritirato fuori a ogni occasione (anche se la cosa smette di dar fastidio quando si capisce che tutto ha uno scopo). Non ci resta che aspettare l’anno prossimo (forse) per la quarta stagione di Sherlock.