Il primo dossier dal titolo "LA SHOAH TRA STORIOGRAFIA E FILOSOFIA", a cura di Massimo Giuliani dell'Università di Trento, cerca di esporre le principali linee interpretative di tale evento, privilegiando la riflessione storica e la riflessione filosofico-teologica, senza con ciò voler sottovalutare l'utilità e l'importanza di altri approcci.
L'esposizione delle principali linee interpretative di tale evento è contenuta nei testi di Massimo Giuliani, Gadi Luzzatto Voghera (Boston University, Padova); Anna Foa (Università La Sapienza, Roma); Claudia Milani (Università di Chieti).
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Ne riporto l'abstract:
Il secondo dossier, dal titolo "La Shoah nella Letteratura e nella Poesia", a cura di Massimo Giuliani, nasce da una serie di dolorosi paradossi, a cui chi si occupa della storia e delle memorie dello sterminio di gran parte del giudaismo europeo, per mano di Hitler e dei suoi collaboratori, non riesce a sottrarsi."La Shoah, ossia lo sterminio di circa sei milioni di ebrei europei per mano dei nazisti e dei loro collaboratori, è da alcuni decenni al centro della riflessione pubblica dell’Occidente. A cavallo tra memoria e storia, tragedia privata e coscienza pubblica, la Shoah resta l’emblema della barbarie avvenuta nel cuore della civilissima Europa cristiana, e il nome di Auschwitz continua e a lungo continuerà a risuonare come ammonimento contro le ideologie razziste, le leggi antisemite e l’odio anti-ebraico.
In questo dossier abbiamo cercato di esporre le principali linee interpretative di tale evento, privilegiando la riflessione storica e la riflessione filosofico-teologica, senza con ciò voler sottovalutare l’utilità e l’importanza di altri approcci. Studio delle testimonianze e ricerca storica, riflessione filosofica e pensiero religioso possono far convergere gli sforzi per meglio comprendere l’evento Shoah e stimolare la coscienza etica delle giovani generazioni
nel prevenire in parte o in toto il ripetersi degli orrori e degli errori del xx secolo. (Massimo Giuliani)"
Il dossier è aperto dal testo di Massimo Giuliani "Dire l'indicibile: la letteratura su Auschwitz 'dopo Auschwitz'".Seguono i saggi: "Quando la parola è memoria e la memoria è dolore", di Sara Ferrari dell'Università degli studi di Milano; "La Shoah nella letteratura israeliana" di Emanuela Trevisan Semi, dell'Università degli Studi di Venezia; "Non ti basta essere tornata? Letteratura italiana sulla Shoah", di Sarah Kaminski dell'Università degli Studi di Torino.
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L'abstract:
"Questo dossier su “Shoah e letteratura” nasce da una serie di dolorosi paradossi, a cui chi si occupa della storia e delle memorie dello sterminio di gran parte del giudaismo europeo, per mano di Hitler e dei suoi collaboratori, non riesce a sottrarsi. Il paradosso di dover dire con parole ordinarie ciò che un’esperienza fuori dall’ordinario ha sigillato nel silenzio di una sofferenza indicibile e in un progetto di male radicale senza precedenti. Il paradosso di dover sollecitare l’“immaginazione del male” proprio quando l’etica suggerirebbe che del male occorre tacere, per non dargli eco, per non farne propaganda, per non istigarlo a tornare. Il paradosso di essere veri attraverso gli strumenti più alti della fiction – la parola poetica e letteraria – della cui estetica finiamo per goderne: ma è morale, e dunque ci è lecito, godere della rappresentazione della sofferenza in generale e in particolare del dolore e della morte delle vittime innocenti della Shoah? Smarriti in questi dilemmi, ci è di conforto e di guida un testimone come Emmanuel Levinas, allorché nel commentare un’opera di fiction sulla resistenza nel ghetto di Varsavia (1943) – Yossl Rakover si rivolge a Dio (tr. it. Adelphi 1997) – lo definisce «un testo bello e vero, vero come solo la finzione può esserlo» (cfr Amare la Torah più di Dio, in Difficile libertà, a cura di S. Facioni, Jaca Book, 2004, p.179). Ecco il paradosso salutare che stiamo per indagare: che esista una verità (storica ed esistenziale) che solo la fiction poetica e letteraria può esprimere. E se davvero solo finzione e creatività della parola riuscissero ad esprimere quella magnitudine di male, subìto e commesso, che spesso numeri e resoconti storici non riescono a farci cogliere? Non è che una strada. Molti l’hanno percorsa, anche tra i sopravvissuti e i testimoni. Incluso Primo Levi. Vale la pena percorrerla, a dispetto o forse proprio in virtù di quei dolorosi paradossi (Massimo Giuliani)."