Shock culturale

Da Xsimonax
Mi sono resa conto di essere in pieno nella seconda fase dello shock culturale. Il fatto di rendersene conto è già un passo avanti, così sono consapevole di dover reagire. Ed è inutile che la gente mi venga a dire robe del tipo: "Shock culturale?? Ma noooo, la Finlandia è così bella, sei fortunata, vorrei essere al tuo posto, a me non verrebbe mai lo shock e bla bla bla", perchè è quello che dicevo anche io. E invece sono nella fase 2, che è la peggiore! Quindi, lo shock culturale colpisce tutti, tutti. Chi in forma minore e chi in forma maggiore, ma tutti. C'è chi esce più facilmente dalla fase più difficile (e neanche se ne accorge) e chi deve sforzarsi per uscirne, ma colpisce tutti.
Cos'è lo shock culturale? 
Lo shock culturale è causato dall'abbandono degli elementi propri alla cultura di appartenenza. Si tenta l'inserimento in una cultura sconosciuta difficile da accettare immediatamente.
Lo shock culturale è costituito da varie fasi che si succedono in base alla distanza che intercorre tra le due culture. Maggiore è la distanza, più lungo sarà il percorso che porta dalla prima all'ultima fase. Nel mio caso si parla di cultura italiana vs cultura finlandese: nel mezzo c'è l'abisso.
Fasi:
1) La prima fase è chiamata "Luna di miele" o "Fase di eccitazione". Tutto è nuovo, emozionante e meraviglioso. Ci sentiamo fortunati per la possibilità di vivere in questo posto e siamo contenti di aver scelto di andare a vivere all'estero. Tutto sembra un sogno, la vita ci sorride e abbiamo un atteggiamento positivo. Ho letto che questa fase dura in genere 2-8 settimane, ma a me è durata intorno ai 5 mesi. Questo per dire che varia molto da persona a persona.
2) La seconda fase (quella in cui sono ora) è chiamata "Fase di rifiuto" o di "alienazione". La luna di miele è finita, si torna con i piedi per terra con un tonfo e si affronta la routine di tutti i giorni. Questa fase ha una durata indefinita ed è la fase più difficile. Alcune persone non arrivano mai a superarla. I problemi quotidiani sembrano ostacoli insormontabili, cerchiamo di tenerci il più possibile occupati e tentiamo di apprendere la lingua locale. Ci convinciamo che nessuno può aiutarci a superare questo malessere e arriviamo ad odiare il paese ospitante. Nel mio caso, sono circa 2 mesi che non sopporto più nessuno, odio tutti i modi di fare e le tradizioni degli "indigeni". Hanno un atteggiamento, un modo di pensare e comportarsi lontani anni e anni luce dai miei e per me insopportabili. Tendo all'isolamento e a circondarmi di altri italiani o persone di cultura più vicina alla mia (spagnoli ad esempio). A questo punto ci sono 2 alternative: tentare di cambiare il proprio atteggiamento, o percorrere la strada più semplice della chiusura in se stessi.
3) Se si decide di cambiare atteggiamento, dopo un po' di sforzo si passa alla fase 3, detta di "assimilazione", "regolazione" o "accettazione". Il senso di alienazione comincia a decrescere, siamo più tolleranti e si iniziano ad acquistare i nuovi caratteri culturali, perdendo quelli originali. Questa fase dura in genere un anno o due. Se invece si procede sulla strada della chiusura in se stessi siamo di fronte alla "regressione": si continua a rifiutare di fare amicizia con la gente del posto, di imparare la lingua locale e si tende sempre di più all'isolamento.
4) La quarta fase è detta "Fase di inserimento" o di "integrazione": ormai siamo dei locali, ci integriamo con gli indigeni e comunichiamo appieno con loro. Si comprendono i nuovi schemi e si acquisiscono norme e valori propri della cultura ospite. Complimenti a chi è in questa fase, chissà se io ci riuscirò... Sarà il mio prossimo obiettivo!
Quando sono tornata in Italia per le vacanze di Natale ero in fase "Luna di miele". Ma nonostante questo, quando iniziavo a sentir parlare in italiano negli aeroporti e quando ho messo piede in casa, ho pensato: "Ahh finalmente..". E quando mi sono svegliata il mattino dopo, nel mio letto, nella mia camera, nella mia casa, con mamma che cucinava (il pranzo della mamma, il pranzo "all'italiana"), papà che suonava il piano, mio fratello che studiava, mia sorella incollata al pc e la gatta che giocava distruggendo tutto, ho pensato che forse il fatto di essere stata in Finlandia era stato solo un sogno... o un incubo.

Helsinki, tramonto sul mare (ore 22.30)


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