Shooter (2007)

Creato il 15 gennaio 2012 da Elgraeco @HellGraeco

Domenica, tempo di Cavour e dei suoi vampiri, starete pensando. E invece no. Per due solide ragioni: 1) emicrania. E quando c’è lei, non ce n’è per nessuno; 2) l’intervallo di tempo per Cavour è 5 post, quelli che appaiono in homepage. Motivo per cui, se il faccione di Cavour è in homepage, non ne vedrete un altro fino a quando il precedente non scompare.
Chiuso il piccolo ex-cursus, per le stesse ragioni ho rivisto Shooter, ovvero il primo film che oggi mi è capitato tra le mani e al quale, pur riconoscendogli tutti i difetti del caso, ovvero che sia contemporaneo, che abbia Wahlberg come protagonista, che Danny Glover faccia il cattivo, che il senatore degli Stati Uniti sia talmente odioso da sembrare vero, e che, dulcis in fundo, sia doppiato accazzo, be’… nonostante tutto, dicevo, ci sono affezionato. C’è la bella Kate, tanto per cominciare, tante armi, i cecchini che mi piacciono un sacco e una morale interessante, non stupida, ma trattata male, dallo sceneggiatore, forse, e di sicuro dal regista. Tanto che, come sempre, il buon potenziale del film, si perde dietro la perizia tecnica, passando in secondo piano. Seccante, quando succede, anche perché il prodotto viene spogliato di tutte le sue virtù.
Anche questa volta, non sto affermando ciò che pensate, che Shooter sia un film memorabile, tutt’altro. Ma, anche stavolta, c’è qualche piccolo dettaglio interessante. Roba da poco, in fondo, che però basta a non farmelo sotterrare.

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[qualche piccolo spoiler]

Ma prima, i lati negativi. Il fantasma di -24- aleggia inesorabile. Jack Bauer ha contribuito a creare degli agenti segreti fac-totum, adrenalici, ma con un fisico minuto, confrontato a quello di Schwarzenegger. Oltre questo, gli americani, ormai, venuto meno il C.C.C.P. stampigliato sulle carlinghe degli aerei militari e sull’accappatoio di Dolph Lundgren/Ivan Drago, la guerra se la sono portata a casa. Esclusi i cinesi, che ormai posseggono finanziariamente gli U.S.A. e che non è proprio il caso di prendere per il culo al cinema come fecero con Gorbaciov, la filosofia dominante dell’action è che i panni sporchi si lavano in famiglia. Più o meno tutti gli eroi cinematografici hanno a che fare con cospirazioni interne atte a perseguire un solo ideale: l’accumulo di ricchezza.
I cattivi di questo film lo dicono chiaro: non conta la bandiera e tutte le altre distinzioni, l’ideale patriottico ormai è un’idiozia vuota e ottocentesca, contano solo i soldi.
E su questo, si basa anche Shooter. Protagonista Wahlberg, cecchino fighissimo, meglio di Mel Gibson in Arma Letale, incastrato da un losco colonnello (Glover), con la complicità di un Senatore degli Stati Uniti, che l’ha impiegato per lavare i suoi panni sporchi, ovvero il massacro di un intero villaggio africano, perché si potesse costruire un oleodotto. Bersaglio del cecchino, l’arcivescovo d’Etiopia, che avrebbe dovuto riportare l’accaduto all’attenzione pubblica.
Queste le basi. Il film è costruito in maniera che più classica non si può, ma con tutta la tecnologia moderna.

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Il risultato è che la suspense latita, e persino i personaggi, soprattutto quelli femminili (Kate Mara e Rhona Mitra) vengono inseriti nella trama attraverso pretesti. Sembra quasi che abbiano imposto la quota rosa a questo film, dove le donzelle, ai fini della trama, sono del tutto superflue.
Infatti il personaggio di Rhona Mitra è a dir poco strumentale. Serve a fare qualche telefonata per reperire informazioni, null’altro. Quello di Kate Mara è del tutto inutile. Una presenza evanescente e priva di senso. Sì, è vero, rattoppa il fuggitivo Wahlberg permettendogli di avere la sua vendetta. E allora? Successivamente la vediamo essere coinvolta suo malgrado nel complotto, finire tra le grinfie di uno dei cattivoni e essere rapita, dopo essere stata (si suppone) brutalizzata, il tutto per tenere in scacco il cecchino ribelle. Ma questo è l’intuito a farmelo dire. Perché in verità, tutta questa parte avviene in circostanze che definire surreali è poco.
Questi potenti, Glover e il senatore, che non hanno esitato a distruggere un intero villaggio africano, non fanno fuori neppure un testimone (leggasi Kate), pur avendolo in pugno. Mah…

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Esito scontato, quindi. E tuttavia, Shooter mi piace per due ragioni. La prima è la presa di coscienza da parte del personaggio di Wahlberg di tutta la finzione dell’ideale patriottico. Esso c’è, è forte, e per alcuni uomini ha ancora un senso, ma come ogni altra invenzione umana, è soggetto a manipolazioni d’ogni sorta.
La seconda è lo spregio assoluto verso le istituzioni politiche statunitensi, fino a questo momento mai così palese come in questo film. E non perché ce l’abbia in particolar modo con gli Stati Uniti, badate, o perché voglia usare questo film come pretesto per qualche ramanzina politica; non è il fine di questo blog, dedicato al cinema. E per l’appunto di cinema stiamo parlando. In spregio alla tradizione che più o meno vedeva le istituzioni e la legge prima di tutto, qui si viola la legge per abbattere i rappresentanti di quelle stesse istituzioni, ormai corrotti, che abusano del loro status. Per di più senza offrire un’alternativa morale, la solita, in questi casi. Semplice distruzione. Se non è satira questa, non so cos’altro lo sia.
Ned Beatty, il senatore, non fa che dichiarare il suo ruolo, persino un attimo prima di essere ucciso. Quindi Wahlberg rappresenta, in fin dei conti, una denuncia sociale. Certo, il territorio è l’action, e il film è quel che è. Ma alla luce del nostro presente critico, sembra quasi una presa di coscienza dell’apocalisse incombente. E parlo di apocalisse individuale, del singolo abbandonato dalle istituzioni sempre più auto-referenziali. Insomma, un tema delicato e scottante, affrontato di rado con tale decisione.
Come al solito, strano che certi discorsi nascano da film mediocri…

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