Shrek 4 - E vissero tutti orchi contenti...

Creato il 28 agosto 2010 da Spaceoddity
Sono tornato con entusiasmo a incontrare Ciuchino, Shrek, Fiona e tutti gli altri, con l'ansia di chi finalmente ha notizia di amici persi un po' di vista e mi sono divertito come e più di sempre. Chi mi conosce, e anche chi non mi conosce, sa che con un incipit del genere c'è un 'ma'. Ci arrivo, ci arrivo.

Queste serie, questi film d'animazione degli ultimi anni, sia che virino verso il classico 'cartone animato', come appunto Shrek, oppure verso il film 'tradizionale' (ricordando che le origini del cinema vedevano forme miste e, comunque, più vicine al primo che al secondo), sono testimoni del passare del tempo e meritano di essere catalogati, tra l'altro, come documenti storici. Di una storia speciale, quella tecnica, ma anche della capacità di raffigurare l'immaginario.
Dal primo all'ultimo Harry Potter, lo spettatore meno distratto apprezza il progresso tecnico e la forma più o meno adatta alla storia da raccontare. Quando il passaggio è alla terza dimensione, l'incontro col 'nuovo' è più immediato, tanto da ostacolare quasi l'importanza peculiare del progresso tecnico in quanto tale, la sua necessità cinematografica.
In Shrek 4, per esempio, il 3D aggiunge ben poco di pregnante e quel che aggiunge ha un che di eccessivamente vicino al videogioco: entusiasma, è bellissimo, ma ha un sapore qua e là fittizio. Tuttavia, guardando con brutale distacco al prima e al dopo, perfino uno come me non può non apprezzare la grandiosità, per certi aspetti commovente, dei risultati raggiunti.
Il prima e il dopo mi sembrano la chiave migliore per riepilogare un po' l'esito di questo Shrek 4, tessitura di citazioni e ritorni (di non sempre squisita coerenza) sulla propria stessa matrice. L'orco, infatti, si trova imbrigliato in un tradizionale viaggio in un tempo parallelo in cui non ha compiuto ciò che ha invece fatto e da lì derivano conseguenze spiacevoli per Far Far Away.
Non svelo nulla, se dico che tutto va per il verso giusto e il vero amore trionfa sempre, come la formula fiabesca del sottotitolo promette. E mi viene un po' il dubbio di andare oltre e di dire troppo, se aggiungo che il problema non sta nell'evidente banalità della 'trama'.
Del resto, devo farlo: ammesso di non considerare pazzi gli sceneggiatori che hanno voluto tessere una morale dietro l'architettura tecnologica che la sostiene, non è pensabile che manchi la morale della storia. La morale c'è e suona un po' strana, del tipo siamo tutti orchi, come suona quel divertente bagno nel fango collettivo di tutti i personaggi che si arrendono alla loro identità e ai loro amici verdi.
Shrek ricompie, nel corso di una sola pellicola (come si dice oggi, con elegante anacronismo), il cammino esistenziale che l'ha visto, nel corso dei tre episodi iniziali, sposo di Fiona, genero devoto e infine papà: sposo, genero e padre in tutto e per tutto inseriti in un sistema che giustifica questi tre ruoli sociali. Questo cammino diventa qui normalizzazione.
Non mi è chiarissimo quanto pesi l'amore reale dell'orco per Fiona, invece che un generico tentativo di piegare alle convenzioni della quotidianità la natura umana e i suoi sentimenti, i suoi desideri. In questo intersecarsi tra il vissuto particolare e l'inevitabile rimando a un vissuto universale si cela il pericolo di qualunquismo e di banalizzazione tutt'altro che rari, ma riprovevoli e soffocanti nella scelta coniugale, annessi e connessi.
Eppure, in questo cammino, è meraviglioso vedere l'attaccamento esclusivo e sincero di Shrek per sua moglie; e ancora più confortante è vedere l'insistenza con cui Ciuchino interroga Shrek per sapere com'è nell'altra vita, il momento in cui il simpaticissimo amico dell'orco capisce (e comincia a credere al fatto) che, non domani, ma già adesso, un'altra vita è possibile, e chiede come vada, chi sia lui e chi sua moglie, cosa facciano i suoi figli, se siano teneri...
Nonostante il disagio per la vita sempre uguale, per la perdita della sua identità originaria di escluso dalla società e di quell'attimo di distanza che consente l'autonomia, Shrek aveva scelto, attraverso un lungo percorso, il matrimonio con Fiona e i suoi figli. Ma quello era l'esito di un percorso e andava bene in quel modo. Ciò che non va qui è l'alternativa stretta e immediata tra due modelli di vita, uno dei quali sarebbe faticoso ma autentico, l'altro eccitante ma povero di vita, come se vivere una vita autentica non fosse un'indispensabile fatica.
Ammesso che un bambino sia in grado di cogliere le implicazioni di un simile aut-aut - ma, insomma, mi pare che almeno questo lo possano intuire anche i più piccoli - la forbice tra mondo degli orchi (deforme, grottesco, triste) e mondo umano, sintetizzati dalla scelta, direi, paraumana di Shrek e Fiona implica (o direi che addirittura esplicita) il persistere di differenze di gruppo e non personali, autentiche, e l'interpretazione a senso unico di cosa vuol dire essere orco e cosa vuol dire essere umano.
Si considera, poi, che Shrek torna rapidamente (in inglese direi che switchs) verso la "strada maestra", senza che la stessa comunità a cui appartiene fornisca modo all'orco di accedere, con la sua propria natura, alla vita che a questa stessa comunità pertiene. Così si capisce bene cosa non vada nell'approccio didattico scoperto della morale - diciamo, per opzioni ristrette - di quest'ultimo capitolo della saga degli orchi nell'era dove si ribaltano bianco e nero con estrema facilità, nell'era del compromesso e della contrattazione esistenziale.
Ciò non toglie, lo sottolineo, che la colonna sonora trascini senza scampo grandi e piccoli, che i sinceri sentimenti di Shrek e di Ciuchino, l'analisi dei caratteri, le loro interazioni e dinamiche affettive siano interessanti e piacevolissime, oltre a divertire e deliziare gli spettatori. Non so, però, se gli occhialini in 3D possano far emergere in sala anche la necessaria sincerità che sta dietro qualsiasi scelta personale, in questo pastiche di citazioni e giochi autoreferenziali.

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