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Sì dell’UE alla candidatura della Serbia. Il presidente Tadic: “Grande passo, ma non epocale”

Creato il 04 marzo 2012 da Worldobserver @W_ObserverNews

Pubblicato da Federico Di Gioia il 4 marzo 2012 · Lascia un commento 

Sì dell’UE alla candidatura della Serbia. Il presidente Tadic: “Grande passo, ma non epocale”

Il presidente serbo Boris Tadic e quello della Commissione Europea José Manuel Barroso

Da International Business Times Italia

“Abbiamo deciso questa sera di concedere lo status di candidato all’adesione all’UE alla Serbia”. Con queste parole il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, ha dato la notizia che a Belgrado aspettavano da almeno due anni: l’Unione Europea ha ufficialmente offerto alla Serbia la candidatura per diventare il suo 28esimo membro. Nel vertice di Bruxelles i leader dell’UE si sono trovati d’accordo su una candidatura che, già nelle scorse settimane, aveva ricevuto garanzie e sostegni da molti ministri e presidenti dei paesi del Vecchio Continente. Van Rompuy, si è detto soddisfatto del risultato del meeting: “Quello raggiunto è un risultato notevole, conseguenza degli sforzi mostrati da entrambe le parti nel dialogo tra Belgrado e Pristina. Spero che incoraggi la Serbia a compiere ulteriori sforzi per soddisfare i criteri politici ed economici per l’adesione all’UE”.

Il presidente serbo Boris Tadic ha accolto con ottimismo, ma anche pragmatismo, la decisione di Bruxelles. “Lo status di candidato è un grande risultato per il paese, ma non epocale. Sarà epocale quando la Serbia diventerà a tutti gli effetti un membro della società europea”. Nella conferenza pubblica tenuta da Tadic per annunciare la notizia, il presidente, oltre a rimarcare le future possibilità di progresso e prosperità economica per la Serbia, ha anche sottolineato la necessità da parte del paese di mantenere il proprio impegno: “Questo è un grande risultato per i cittadini serbi, ma d’ora in poi dovremo lavorare ancora di più al fine di ottenere una data per i negoziati e completare il processo di adesione all’UE”. Dalle parole del suo presidente, la Serbia, insomma, sembra vogliosa di saltare le tappe.

Con la Slovenia già membro dal 2004 e la Croazia che aderirà all’UE probabilmente nel 2013 e dopo le candidature della Macedonia (nel 2005) e del Montenegro (nel 2010), entrambi in attesa di iniziare i negoziati di adesione, la Serbia è l’ultimo paese balcanico in ordine di tempo ad avvicinarsi all’ingresso nell’Unione. Quello balcanico è un allargamento che da Bruxelles hanno guardato a lungo con vivo interesse. Una completa copertura del territorio europeo e la definizione di confini delineati, per quanto possa sembrare un mero sfizio geografico, rappresenta in realtà un’importante vantaggio per molte questioni vitali, da quella infrastrutturale a quella della sicurezza e stabilità interna. I Balcani occidentali rappresentano un importante tassello per le vie commerciali che collegano l’Europa centrale al Mediterraneo orientale e al Mar Nero. Tre importanti corridoi paneuropei (le reti di trasporto che attraversano l’Europa) passano per la Serbia e il numero 10, che collega la Mitteleuropa con le sponde greche, bulgare e turche, fa tappa proprio a Belgrado.

Sì dell’UE alla candidatura della Serbia. Il presidente Tadic: “Grande passo, ma non epocale”

Allargamento UE: i paesi membri (Blu), quelli candidati (Azzurro) e quelli con possibilità in futuro (Verde)

Anche la questione della sicurezza e stabilità della regione è di fondamentale interesse per Bruxelles. Sebbene le guerre balcaniche degli anni ’90 sembrano un lontano ricordo, la loro ombra si allunga ancora sulle relazioni bilaterali di paesi come Croazia, Bosnia Erzegovina e Albania nei confronti della Serbia. Belgrado è storicamente la fonte della maggior parte dei motivi d’instabilità della regione, dalle guerre anti turche della Prima Guerra Mondiale, passando per il comunismo della Seconda, fino al regime di Slobodan Milosevic negli anni ’90, concausa diretta dei sanguinosi conflitti che hanno incendiato la regione balcanica e riportato la guerra in seno all’Europa.

Il governo di Boris Tadic ha sempre puntato all’integrazione europea del suo paese, sia per i fattori economici, sia per quelli politici. Sebbene proprio in mattinata il presidente serbo abbia ribadito che il suo paese non riconoscerà l’indipendenza del Kosovo, il dialogo con Pristina riguardo lo status del territorio conteso non è mai stato così proficuo e Tadic si è detto certo del fatto che questo “non diventerà una condizione per la definizione di una data per l’avvio del negoziato di adesione all’UE”. Anche le relazioni con la Bosnia Erzegovina (altro paese in difficoltà con Belgrado a causa dell’influente, politicamente ed economicamente, comunità di etnia serba presente nei suoi confini) sono più che migliorate sotto il governo di Tadic. Il presidente ha sempre puntato al colloquio e al dialogo con Sarajevo, ribadendo la volontà da parte dei serbi di cooperare sotto tutti gli aspetti possibili con i paesi confinanti. L’impegno profuso da Belgrado nel consegnare alla giustizia europea i militari riconosciuti come criminali della guerra degli anni ’90, sebbene alcuni di essi godessero tutt’oggi di un discreto sostegno tra alcune frange della popolazione serba, è l’ennesima dimostrazione di come la Serbia abbia intrapreso con piena volontà la strada per Bruxelles.

Come ha detto lo stesso presidente Tadic: “L’adesione all’Europa è un obiettivo formale. L’essenza sta nel cambiamento della nostra società, nello Stato di diritto. L’essenza è che quella serba deve diventare una società efficiente”.

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