Si fa presto a dire demansionamento…

Creato il 13 gennaio 2016 da Propostalavoro @propostalavoro

La tutela della professionalità del lavoratore è uno dei principi cardine del mercato del lavoro. In base a questo principio, lavorando una persona acquisisce col tempo un livello crescente di professionalità, che non le può essere tolto. Per questo motivo, la legge ha sempre cercato di impedire al datore di lavoro di mettere in atto pratiche di demansionamento.

Ecco allora l'articolo 2103 del Codice Civile, che mette un freno al potere del datore di variare  al ribasso la mansioni del suo dipendente. Mansioni meno qualificate vogliono dire professionalità più bassa, cioè passi indietro nella carriera. 

Il diritto però tutela anche il datore e la sua libertà di gestire l'impresa: con il tempo il divieto di demansionamento è diventato sempre meno severo, dando sempre più importanza al potere del datore rispetto alla tutela della professionalità del dipendente.

Con il tempo, insomma, il principio della tutela della professionalità è stato sempre più limitato, tanto che attualmente possiamo contare tre limiti.

1. Limite "storico", il libero esercizio dell'impresa. Il datore di lavoro deve essere libero di agire nella sua impresa e può quindi variare i compiti assegnati ai suoi dipendenti. Se la legge non garantisse questa libertà, fare impresa sarebbe (ancora più) difficile, con un grave danno per tutto il sistema-paese.

2. Limite della riorganizzazione. Questo limite è stato introdotto a giugno 2015 dal Jobs Act ed è, in estrema sintesi, un'estensione del limite precedente: se l'impresa deve affrontare una riorganizzazione o una ristrutturazione, e questa situazione tocca le mansioni del dipendente, questo può essere adibito a mansioni inferiori, pur mantenendo lo stesso livello di retribuzione. In altri casi, firmando un accordo in sede sindacale protetta, il dipendente può anche rinunciare alla retribuzione raggiunta, oltre che alla professionalità acquisita, se questo può servire a salvare il suo posto di lavoro. (Per approfondire, segnaliamo questo articolo in merito)

3. Limite quantitativo: la sottrazione di singoli compiti non fa un demansionamento. Ecco una novità, che viene dalla Corte di Cassazione. Sottraendo al dipendente una mansione alla volta, il demansionamento non arriva in automatico, ma solo quando si dimostra davanti a un giudice che queste sottrazioni progressive hanno compromesso la professionalità raggiunta dal lavoratore.

Si fa presto allora a dire demansionamento, ma in realtà…

Una domanda: il nuovo demansionamento si applica solo ai nuovi assunti o anche a chi ha già un rapporto di lavoro in corso? La risposta viene dal Tribunale di Roma.

Sì, il nuovo regime del demansionamento vale anche per i rapporti in corso. Aspettando conferme, la riposta è però bizantina: per una persona assunta e demansionata prima del nuovo decreto sul demansionamento, cioè prima del 25 giugno 2015, se il datore si è comportato secondo i criteri attuali, il comportamento è lecito dal 25 giugno in poi, ma non prima. Quindi, il danno va risarcito dal momento in cui è iniziato il demansionamento fino al 25 giugno, quando insomma il demansionamento è diventato legale.

Ma si può dire ancora molto altro, sul principio che ricordavamo all'inizio. Molte domande restano senza risposta. Ad esempio, è giusto estenderlo anche a chi lavora in proprio, professionalmente? E saltuariamente? Come si mettono le competenze di queste persone al riparo dall'impoverimento causato da clienti non all'altezza delle loro prestazioni – attuali o potenziali? Domande cruciali a cui il network di Proposta Lavoro proverà a dare una risposta.

Per approfondire: Corte Cassazione – Sez. L Civile – Sentenza n. 23945-2015

Simone Caroli