Si fa presto a dire l'altro

Creato il 21 aprile 2011 da Antonio_montanari

Abiola Wabara, cestista italiana di origini nigeriane in una squadra lombarda, è stata colpita da sputi ed insulti in una partita a Como. Le storie di ordinario razzismo non si contano. Si è letta sul "Corriere di Rimini" la lettera non smentita su un'automobilista, cittadina comunitaria, multata con l'invito a tornarsene a casa.
Guardiamo al nostro passato. Le radici contano nel bene e nel male. Da "Il Popolo d'Italia" del 6 agosto 1938: "Il razzismo italiano data dall'anno 1919 ed è base fondamentale dello Stato fascista". Le infami leggi razziali sono del 5 settembre 1938. Bravi razzisti però ci sono anche prima. Fermiamoci all'inizio del secolo passato. Nel primo decennio arriva a vele spiegate da Germania e Francia lo spirito nazionalistico che contiene in sé pure l'antisemitismo: "per i nazionalisti gli ebrei erano elementi estranei ed intimamente ostili alle singole compagini nazionali, che cercavano di disgregare mediante la loro potenza economica e mediante la diffusione di dottrine democratiche e socialiste" (G. Candeloro).
Qualcuno da noi fa l'occhietto ai nazionalisti. Che trovano "ben presto un solido sostegno nei gruppi industriali interessati alla politica di armamenti e di espansione coloniale" (G. C.). 1914, il foglio ufficiale del nazionalismo scrive che il movimento è "odio di razza". E poi precisa: il suo fine è creare un imperialismo italiano. Si guarda alla guerra che infuria come occasione per far occupare anche all'Italia un posto nella Storia e negli affari. Per i quali le grandi Potenze combattono "con l'ardimento, con la volontà, col sacrificio attuale di sangue e di danaro, e più ancora con l'animo risoluto e virile". L'anno dopo c'è l'intervento.
1919. Il capo dei nazionalisti Enrico Corradini scrive: la guerra mondiale ha chiuso la fase dell'evoluzione nazionale ed aperto quello dell'evoluzione imperiale. Nel 1922 Corradini rivendica di aver progettato l'imperialismo italiano sin dal 1908.
Nel 1923 i nazionalisti la buttano sul classico. Il filosofo Emilio Bodrero dell'Università di Padova esorta gli italiani a leggere l'Odissea di Omero, "il poema di una rivoluzione e di una controrivoluzione" avvenute sul mare. E che ci fa sentire contemporaneamente figli di Ulisse e di Troia, ed eredi di Enea e di Virgilio. Con la speranza di poter dominare il mare su cui Ulisse ed Enea hanno viaggiato. Nel 1936 con 4 ori olimpici a Berlino, il nero Jesse Owens ridicolizza i razzisti. Senza aver letto Omero. [1037]

Antonio Montanari
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il Ponte, Rimini, 24 aprile 2011


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