A cura di Sara Bilotti - scrittirce
C’era una volta il Vampiro. Una bestia che incarna tutto l’orrore di ciò che è diverso, disumano, malvagio. Che non trascorre giornate in un liceo aspettando sera per fare sesso, ma si accuccia dietro un angolo, di notte, perché ti vuole ammazzare, vuole prendersi da te quello che non riesce più a trovare dentro se stesso: l’essenza della vita. Il Vampiro è quello di Bram Stoker: orrore e minaccia, paura e diffidenza, quelle che l’ignoranza genera quando si è al cospetto del “diverso”. Con questo non voglio dire che la svolta romance data al personaggio sia completamente fuori luogo. L’emotività, la Bellezza e la sensualità, se descritte con il dovuto distacco e con un linguaggio coerente con l’estetica del personaggio, possono rendere un romanzo contemporaneo addirittura più interessante del capolavoro di Stoker. Anne Rice, ad esempio, coniuga con disarmante semplicità le caratteristiche storiche del Vampiro con un Estetismo molto attuale, rendendo i suoi succhiasangue emblemi modernissimi della nostra incapacità di accettare l’ambiguità del male, del nostro bisogno, sempre inappagato, di inquadrare fatti e persone in precise categorie. Vampiri post-moderni, soli e dannatamente infelici, simboli della nostra epoca e del nostro desiderio più crudele: la vita eterna. Tutto il resto, o almeno quello che vediamo nelle vetrine delle librerie, è pallida ombra, il cui scopo più alto è far guadagnare soldi alle case editrici. Non ci resta che sperare che queste ultime utilizzino il ricavato per investire in nuovi, promettenti autori.
Aggiungo un pezzo che ho scritto qualche tempo fa, per il mio addio al ghostwriting. Un assaggio di tutto ciò che c’è di squallido e triste nelle operazioni di marketing che girano attorno ai nostri bistrattati vampiri.
L’estetica dei ratti di Sara Bilotti
- Questo è l'ultimo capitolo, Marco - gli dico, girando lo schermo del computer perché mi bruciano gli occhi. È quasi mezzanotte, la tesi sulla saggistica inglese del Seicento è finita, ma c'è un vampiro che mi aspetta. Ha deciso di sedurre una ragazzina nella palestra di un liceo e io devo decidere la sua tecnica d'assalto. Marco, intanto, sbadiglia. Non ha problemi di tesi, il mio datore di lavoro. Ha solo il problema del vampiro, è per questo che mi ha chiamata, così si libera pure di quello. - Senti, tesoro... - parla come i vampiri, lui. È un esperto. - Io devo consegnare il manoscritto lunedì. Oggi è sabato. Un capitolo non basta, Elisabetta ne ha scritto uno pure lei, avete deciso di farmi impazzire? - Il fatto è che dovevo consegnare una tesi, la ragazza si laurea nella prossima sessione. Ho perso un po' di tempo. Marco sospira, spazientito. È un ghostwriter puro, lui. Mica si mette a fare pure le tesi. Mica si è laureato duecento volte come me. Gli bastano i vampiri. - Allora, facciamo così. Un paio di capitoli. Vampiro/studentessa, molto sesso, pochi dialoghi. Lo scrivi in un'oretta, dai, non la fare lunga. - Credevo di essere stata chiara. Ho smesso con questa roba. Ti faccio un piacere, un capitolo e basta. - Ma ti pare che a trentotto anni mi metto a scrivere di un vampiro che si fa una ragazzina in una palestra? Dai, sei brava in queste cose, come te non le scrive nessuno. Ah, quanto è soddisfatto, lui. Pensa di avermi fatto un gran complimento. Non lo sa che gli sto augurando di annegare in un mare di merda. - Un capitolo. E poi basta. Non mi risponde, mette giù. Quasi mi sembra di sentire uno spillone nella pancia. È Marco con i suoi superpoteri. Lo schermo del computer torna in posizione, davanti ai miei occhi che non bruciano più. Noi ratti della scrittura abbiamo occhi speciali, mica come voi umani. Siamo capaci di scrivere per dieci ore, facendo pause di dieci minuti ogni ora. Be', a un certo punto, più o meno tra la sesta e l'ottava ora, la realtà assume strani contorni, questo è ovvio. La vita comincia a scorrere veloce, dietro il portatile, mentre io sono lenta, lentissima. Il tempo si dilata, fino a che non ne vedo più i confini. È un po' come succede con la mia testa, i pensieri si diluiscono tra le pagine degli altri, nelle tesi, nei racconti, nelle vite della gente che li affitta. Mi sdoppio talmente tante volte che non riesco più a recuperare i pezzi, e a quel punto diventa tutto maledettamente difficile, anche decidere di smettere. Però ci sarà un momento in cui sarò abbastanza lucida da decidere di non venderla più, questa benedetta scrittura. Ci sarà un momento in cui riuscirò a raccogliere tutti i pezzi e ricordarmi com'ero, prima di diventare un fantasma. Non adesso, però. C'è un'adolescente con gli ormoni impazziti che vuole farsi un vampiro, e non può aspettare. C’è qualcuno che ha bisogno di soldi, e per questo sfrutta la moda del momento: il Vampiro, privato del significato profondo e dolente della sua solitudine, che seduce per umanissimo diletto, non più per rabbia bestiale. Se solo potessi scrivere almeno quel pezzo sull'estetica giapponese. Marco non lo sa, ma, nelle storie di vampiri, wabi e yugen ci starebbero proprio bene. Peccato che sul mercato non funzionerebbe.
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