“Si prega sosta a barriera”. Inizia cosi’, dopo due ore di volo ryanair, tra hostess e steward che fanno spietata concorrenza ai vu’cumpra’ e spacciano di tutto ormai, nel corridoio tra le file di sedili, questa settimana inglese, al ritiro delle vetture a noleggio. La considerazione che debba essere maledettamente complicato trovare dei madrelingua a cui chiedere come si traducono quattro parole in un italiano di uso comune, in zona aeroporto poi, mi distrae quanto basta per lasciare che della guida sul lato sbagliato della strada si occupi per il momento qualcun altro.
E si parte, alla volta dei college di Cambridge. Splende il sole, insperata fortuna; il venticello scompagina bianche nuvole gia’ spettinate. L’erba perfetta tra gli antichi edifici riluce verde e brillante; sul fiume e’ tutto un incrociarsi di creature che si dedicano al punting. Le strade pullulano di turisti e di studenti di inglese; l’ora del te’, o meglio, i dolci che la accompagnano, esercita il suo fascino in ogni stagione.
La domenica si spegne tranquilla, dopo una cena all’inglese: il comune accordo della compagnia e’ quello di non barare e unire al turismo “visivo” anche quello gastronomico. Mi tengo lontana dalle salse di menta e, per ora, non ho niente da ridire.
E poi a Oxford, questa sera, ma ho solo un assaggio di quartiere periferico: visto che il tempo regge, domani ci perderemo tra le colline.
Londra e’ a ferro e fuoco, leggo tra le notizie del web. Mi sembra impossibile, nella quiete di queste vie di case vittoriane color mattone, ingentilite dai fiori, dall’edera e dai colori vivaci dei portoni d’ingresso. Qui fai pochi passi oltre le strade e ti ritrovi in parchi immensi, alberi centenari si piegano in forme intrecciate, i daini ti guardano curiosi al di la’ di un laghetto, non ci sono rumori. Si, qui Londra e’ mille miglia lontana.