Si può credere alla concezione verginale di Gesù?

Creato il 14 gennaio 2014 da Uccronline

Per alcuni, il miracolo della concezione verginale di Gesù squalifica i racconti evangelici come storie inaffidabili. Occasionalmente, inoltre, i polemisti anticristiani usano il concepimento di Gesù da una vergine per dimostrare a prescindere l’illogicità e l’irragionevolezza di coloro che considerano dei nemici.

E’ possibile rispondere molto semplicemente a questa obiezione, anche senza entrare nel dibattito degli storici del cristianesimo sul perché Luca e Matteo, basandosi su due fonti indipendenti (fonte “L” e fonte “Q”, datate secondo B. Ehrman come minimo negli anni Trenta ma quasi certamente diffuse mentre Gesù era ancora in vita), abbiano scelto di parlarne mentre Marco e Giovanni abbiano preferito iniziare il loro vangelo dalla vita pubblica di Gesù. E’ necessario sottolineare però che, come ha spiegato, Bart Ehrman, autorevole studioso del Nuovo Testamento all’Università del North Carolina, «gli storici non hanno mezzi a disposizione per esprimere giudizi sulla verginità della madre di Gesù, se non la generica improbabilità di un evento simile» (“Did Jesus Exist?”, HarperCollins Publishers 2012). Invece, secondo Frank Tipler, docente di fisica matematica alla Tulane University di New Orleans, «il miracolo della concezione verginale di Gesù, è plausibile alla luce della moderna conoscenza del modo specifico in cui il Dna codifica per il genere, possibile se Gesù era un maschio XX» (“La fisica del cristianesimo”, Mondadori 2007, p. 5). Posizione, quella di Tipler, da prendere con le pinze.

Ma non è questo il criterio con cui vogliamo affrontare il dilemma, che, occorre subito dire si ripresenta non soltanto per la nascita di Gesù ma per ogni miracolo da Lui compiuto e da ogni evento miracoloso o apparizione che la Chiesa riconosce come autentico/a. Gli scettici e i razionalisti rifiutano infatti la sola possibilità della concezione verginale, così come di ogni miracolo, perché il loro naturalismo filosofico (cioè l’atto di fede sul fatto che il mondo naturale sia tutto ciò che esiste e che si può misurare) esclude per principio la possibilità di un intervento miracoloso di un Essere soprannaturale. Il cuore del problema è dunque il naturalismo, come spiegato da J. Warner Wallace.

Ma la questione è ancora più profonda: il solo momento iniziale dell’Universo come atto creativo e la sola esistenza di Dio, ovvero di una realtà al di fuori del mondo naturale, è in contrasto con il naturalismo filosofico. Dunque il problema non è tanto se Gesù può essere stato concepito dalla Vergine Maria, ma ancor più dal principio, cioè se Dio esiste oppure no. Se Dio non esiste, allora, va rifiutata tutta la storia di Gesù e non solo i miracoli. Ma se Dio esiste, chi sostiene che non può fare miracoli? Perfino un pensatore non certo indulgente verso la Chiesa, Jean-Jacques Rousseau si domandava: «Può Dio fare miracoli, ovvero derogare alle leggi da lui stabilite? Tale questione trattata seriamente sarebbe empia, se non assurda. A chi dicesse che Dio non può operare miracoli si farebbe troppo onore punendolo, basterebbe rinchiuderlo in un manicomio. Ma chi ha mai negato che Dio possa fare miracoli?» (da “Lettres de la Montagne”, Troisième). In modo simile l’arcivescovo Giuseppe Siri: «è bellissimo vedere i puritani che si scandalizzano davanti a un asserito miracolo o a qualsiasi manifestazione del soprannaturale. Che ci si scandalizzi prima di ogni esame, ossia a priori, come se il Creatore non avesse la libertà di comunicare con la sua creatura, per dargli certezze e grazia, non è possibile ammetterlo».

Ma la posizione razionalista-naturalista andrebbe sempre respinta da un libero pensatore in quanto pregiudizievole. Leggiamo, ad esempio, cosa scrisse l’anticristiano Ernest Havet: «il primo dovere che ci ha imposto il principio razionalista, che è il fondamento di ogni critica, è di scartare dalla vita di Gesù il soprannaturale. Ciò porta via di colpo tutti i miracoli del vangelo. Quando la critica rifiuta di credere alle narrazioni miracolose, essa non ha bisogno di addurre delle prove per suffragare la sua negazione: ciò che si racconta è falso, per la semplice ragione che ciò che si racconta non è potuto accadere» (citato in V. Messori, “Ipotesi su Gesù”, pag. 136).

Dunque, in poche parole: i miracoli non esistono perché sono impossibili. Ed è evidentemente una tautologia. Molto più razionale la posizione di Antonio Ambrosetti, ordinario di Analisi matematica presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste: «i miracoli sono eventi straordinari, non impossibili ma non spiegabili» (A. Ambrosetti, “La matematica e l’esistenza di Dio”, Lindau 2009, pag 73). La concezione verginale di Gesù, dunque, sfida la spiegazione naturalistica tanto quanto l’esistenza di Dio e qualsiasi altro Suo miracolo. Ma la posizione naturalistica, come abbiamo visto, è inaffidabile in quanto viziata dal dogma e dal pregiudizio.

Chi volesse approfondire il rapporto tra miracoli e ragione, può farlo leggendo queste due riflessioni: prima e seconda. Spesso le risate scomposte degli scettici somigliano alla sguaiata risata di Voltaire, il quale di fronte al ritrovamento di un pesce fossile sulle Dolomiti scoppiò a ridere dicendo che evidentemente qualche monaco o pellegrino lo aveva messo lì per sostenere il diluvio universale. Purtroppo, come ha detto il filosofo Theodor W. Adorno, «chi ha con sé il pubblico che ride, non ha bisogno di fornire spiegazioni».

La redazione


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