Di tanto in tanto è anche piacevole incappare in qualche visione tutta italiana...anche se ancora non è chiaro cosa si intenda poi con quel "di tanto in tanto". Per come la vedo io: "di tanto in taaanto, ovvero, lasciamo che passi un bel po' di tempo, tra una pellicola made in Italy, e un'altra ancora".Perché se il film precedente ci è piaciuto, il timore di smorzare l'entusiasmo ritrovato cresce a dismisura, e se si smorza l'entusiasmo, è dura poi tornare a dare fiducia a "quel cinema lì".
E infatti dopo è dura, e nel mio caso specifico il prima è stato con La variabile umana (film di cui ho scritto con moderata, ma sincera, soddisfazione) e il dopo, cioè l'ora, l'adesso e l'ammazza entusiasmo è stato con Si può fare l'amore vestiti?.
Peccato però, perché a me già la sola idea di immaginare un paesino della Puglia e il calore tipico "paesano", fatto di vecchiette sulle panchine e pettegolezzi di ogni genere, mi avrebbe convinto a parlarne bene, se non altro con entusiasmo. Perché mi piacciono le storie che alternano e confrontano la vita della città con quella della campagna, del paese. Mi piace vedere come cambia lo sguardo delle persone, l'approccio alla vita stessa che non è mai identico. Il film aveva un'idea di partenza curiosa, questa ragazza che dalla Puglia si trasferisce a Roma per studiare e diventare sessuologa, che a un certo punto ritorna al proprio paesino e quindi immaginate tutte le gag, inevitabili, e le reazioni dei vecchi compaesani al solo sentir nominare questa strana e, mai sentita prima, professione.Era carino pensarle tutte, e sarebbe stato più facile secondo me non sbagliare, considerata la comicità innata sulla quale si doveva puntare e la strettissima aderenza allo stereotipo italiano. Cavolo, almeno sfruttiamole queste nostre ristrettezze mentali e culturali...No, niente. Neanche quello!
Bianca Guaccero, la maestra/confidente/dottoressa del sesso, diventa dietro quegli occhialoni, una sorta di maestrina impacciata e poco credibile. La sua difficoltà a reinserirsi nel paese natale è affrontata con sufficienza, così come tutti i personaggi e le loro "appena accennate" storie.
Peccato perché c'era il migliore amico costretto a vivere in silenzio la propria omosessualità, e c'è un risvolto narrativo legato a questo personaggio che lascia a dir poco allibiti. Non puoi prendere una storia e raccontarla con sufficienza, perché così distruggi il potenziale che quella storia ha/avrebbe potuto avere e allo stesso tempo demolisci la sorte del cinema italiano. L'unico personaggio riuscito è quello interpretato da Maurizio Battista, sì lo so io sono romana e mi è difficile non volergli bene, però il suo calarsi nei panni del più tipico marito pugliese è stato convincente e divertente, il che può bastare.
Ma la cosa che più di ogni altra mi ha fatto incazzare, è che si poteva puntare davvero sulla bellezza di un titolo che già di suo sarebbe bastato, non a farne un capolavoro, ma anche solo un sincero e pulito omaggio alla più bella delle interpretazioni sull'amore, che nessun maestro, nessun poeta, nessuno...
I bambini e l'amore. Quella cosa che i grandi fanno quando si baciano, quando si abbracciano.