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Siamo un Paese vecchio, pigro, disinformato, poco istruito. Crescono disoccupazione, povertà e sofferenze sociali. Ma a leggere l'Istat stiamo tutti bene...

Creato il 20 novembre 2010 da David Incamicia @FuoriOndaBlog
Siamo un Paese vecchio, pigro, disinformato, poco istruito. Crescono disoccupazione, povertà e sofferenze sociali. Ma a leggere l'Istat stiamo tutti bene...
di David Incamicia
Gli italiani sono sempre più vecchi, pigri e legati al telefonino. Non leggono i giornali, nè i libri, visitano i musei solo quando è gratis, ma vanno al cinema almeno una volta l'anno. Il 50% non è connesso a Internet. Tre su quattro vivono nella casa di proprietà. Diminuisce l'occupazione e sono in calo anche le iscrizioni a scuola. Solo il 10,9% è laureato. Eppure gli italiani complessivamente si sentono bene. Lo rivela l'Istat nell'Annuario statistico italiano 2010.
In quanto a salute, sette italiani su dieci (circa il 70,6%) si dichiarano in buona forma, con gli uomini a prevalere sulle donne (75% contro 66,5%). Un giovane su tre fuma, e nella fascia di età fra i 25 e i 34 anni si registra il maggior numero di tabagisti. Gli italiani, del resto, non amano molto l'attività fisica. Nel 2010 appena il 22,8% della popolazione, pari a un italiano su cinque, pratica uno sport con continuità mentre il 10,2% vi si dedica saltuariamente. I sedentari rappresentano il 38,3%, con prevalenza femminile.
Passando a fenomeni ed abitudini più legati alla comunicazione, il telefonino è presente nell'87,8% delle famiglie e nel 52,3% c'è almeno un pc (quasi la metà delle famiglie non ha dunque accesso al web). Ma a farla sempre da padrona è la cara e vecchia tv, a conferma che gli italiani rimangono i più "teledipendenti" d'Europa.
Se si analizza a fondo il nostro tessuto sociale dal punto di vista economico e culturale, poi, sono due gli elementi che emergono. L'occupazione, innanzitutto, che continua a calare. Nel 2009, infatti, risultano 23.025.000 gli occupati, in diminuzione, per la prima volta dal 1995, di 380.000 unità rispetto all'anno precedente (-1,6%). Questo risultato è la sintesi di una riduzione marcata della forza-lavoro italiana, controbilanciata dall'aumento della componente straniera (+147.000 unità), il cui ritmo di crescita è comunque inferiore rispetto agli anni precedenti. La quota di lavoratori stranieri sul totale degli occupati raggiunge l'8,2% (7,5% nel 2008). La flessione più marcata (-2%) riguarda gli uomini, ma anche le occupate risultano in calo (-1,1%), interrompendo un andamento sempre positivo negli ultimi dieci anni.
Inoltre, per quanto riguarda la tenuta culturale della popolazione, sono 8.952.852 gli studenti iscritti all'anno scolastico 2008/2009, 7.459 in meno rispetto a quello precedente, invertendo il trend positivo avviato nel biennio 2000/2001. Il tasso di scolarità si attesta ormai da diversi anni intorno al cento per cento limitatamente alle scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, mentre subisce una flessione per la secondaria di secondo grado, dal 93,2% del 2007/2008 al 92,7 del 2008/2009. La quota di persone con qualifica o diploma di scuola secondaria superiore si attesta solo al 33,2% mentre il 10,9%, e questo è forse il dato più imbarazzante, possiede un titolo di studio universitario. Dunque, la selezione scolastica si rivela più forte nelle scuole superiori dove, già al primo anno di studi, la percentuale di alunni respinti supera il 21%. Gli esami di terza media, invece, vengono superati dalla quasi totalità degli studenti (99,5%).  Nota personale: dai numeri che precedono emerge il ritratto di un Paese quasi assopito, che resiste solo per inerzia a una condizione complessiva per niente confortante sul piano economico e sociale. E' come se sì, gli italiani sapessero "per sentito dire" della fase di declino e di sofferenza che attanaglia la comunità nazionale ma in fondo non l'avvertono, o fingono di non avvertirne gli effetti in maniera diretta. Insomma, la crisi gli italiani non la vedono giungendo in molti casi perfino a negarla. Certo, in larga misura per la mancanza di informazioni serie e credibili da parte dei media ma anche per l'impossibilità stessa di tenersi autonomamente informati a motivo della grave carenza di nuove tecnologie (i dati sull'assenza di un pc e di un collegamento ad internet nella metà delle case sono davvero drammatici).   L’Italia, per di più, continua a invecchiare. Un italiano su cinque è ultrassessantacinquenne e coloro che superano gli ottanta anni rappresentano ormai il 5,8% della popolazione. A fine 2009 l’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione con più di 65 anni e quella con meno di 15) registra un ulteriore incremento, raggiungendo 143,8%. Nella graduatoria internazionale (dati 2008), ci collochiamo al secondo posto con un indice pari a 143,1. Per non parlare, di nuovo, del già descritto scarso livello di istruzione e acculturamento. Con le menti migliori che continuano ad abbandonare il nostro Paese lasciando enormi praterie proprio agli anziani, agli immigrati e in genere ai connazionali più mediocri. Tutti soggetti che non contribuiscono allo sviluppo ma rivendicano, spesso senza necessitarne realmente, assistenza pubblica. Da questa triste ma efficace rappresentazione demoscopica risulta più facile, forse, comprendere il perchè di tanto successo, da quindici anni a questa parte, del cosiddetto berlusconismo (questo l'Istat non lo dice, la riflessione è mia). 
La circostanza descritta da ultimo, vale a dire un complessivo impoverimento culturale e civile del Paese, si ricollega al deficit di coscienza civica e di senso etico fotografati dalla stessa Istat. Tralasciando le notizie circa il pessimo rapporto degli italiani con il fisco e l'elevato grado di corruzione pubblica, già ampiamente analizzate a seguito di precedenti rilevazioni statistiche, se si leggono, ad esempio, le informazioni su ambiente e territorio si evince come nell'ultimo biennio siano andati aumentando i problemi relativi al rispetto dell'ambiente, alla sporcizia urbana, all'inquinamento atmosferico e al traffico.
La raccolta di rifiuti urbani si attesta su 32,5 milioni di tonnellate, 542,7 chilogrammi per abitante; quella differenziata rappresenta il 30,6% dei rifiuti urbani a livello nazionale, ancora troppo poco. In questo caso il Nord è più virtuoso mentre il Mezzogiorno, con un misero 14,7%, rimane "distratto". Nel 2010, tuttavia, malgrado la diffusione di comportamenti non sempre "esemplari", le questioni maggiormente avvertite dalle famiglie nella zona in cui abitano sono il traffico (42,6%), la difficoltà di parcheggio (39,6%), l'inquinamento dell'aria (38%), il rumore (32,9%), la sporcizia nelle strade (30,0%). Pure stavolta è il Centro-Sud, eccezion fatta per l’inquinamento dell’aria, a lamentare le maggiori difficoltà.
Infine, ed è forse l'unica nota di speranza, laddove la nostra società riesce ancora a tenere e a non precipitare in uno stato di vera e propria "depressione" socio-economica, ciò lo si deve alla mai mutata tendenza di un popolo più avvezzo al tenore della “formica” che a quello della “cicala”. E chissà che in questo non siano proprio gli anziani a dare la dritta. Alla fine del 2009, l’ammontare dei depositi bancari ha superato i 906 miliardi di euro, circa 90 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Di questi, oltre due terzi appartengono a famiglie e istituzioni sociali e private. Da qui deriva il fatto che, pur in presenza di difficoltà occupazionali o di reddito, tre italiani su quattro risultano proprietari della casa nella quale vivono.
Aspettiamo di leggere, con molta curiosità e speranza, l'Annuario del 2011...
Fonte: www.rainews24.it e www.istat.it

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