Gli Izhemtsi sono pastori di renne semi-nomadi e vivono nella repubblica russa dei Komi, ad ovest dei monti Urali. In febbraio si erano già infuriati per la scoperta di diverse piattaforme petrolifere costruite senza il loro consenso nei pressi di uno dei villaggi; la comunità locale non era nemmeno stata informata del progetto.
Le comunità hanno inoltre definito inadeguata l’operazione di “bonifica” della LUKOIL a seguito di una fuga di petrolio che in marzo aveva provocato un incendio. Secondo quanto riporta Survival, i villaggi a 10 chilometri dal luogo dell’incidente hanno visto per due giorni colonne di fumo nero levarsi dall'area dell'incidente.
“Noi, i Komi-Izhemtsi, siamo un popolo indigeno e questa è la nostra terra” hanno dichiarato in un comunicato quindici comunità komi-izhemtsi. “Non siamo disposti a tollerare oltre lo sfruttamento predatorio delle nostre risorse minerarie né l’irresponsabilità ambientale della LUKOIL. Dobbiamo divenire partner con uguali diritti nella realizzazione di qualunque progetto industriale nelle nostre terre.”
Nel frattempo a sud-est di Komi, nella regione Khanty-Mansiisk della Siberia occidentale, terra natale dei Khanty e dei Mansi, il parlamento regionale sta cercando di indebolire la legge che tutela i diritti territoriali delle tribù. In passato le terre di molte di queste comunità erano protette, rendendo difficile per le compagnie petrolifere e del gas penetrare nell’area senza l’autorizzazione delle tribù e senza il rispetto di una serie di misure di salvaguardia ambientale. Ma con il nuovo sistema i requisiti ambientali saranno eliminati, aprendo le terre indigene allo sfruttamento e rendendo le tribù sempre più vulnerabili alla manipolazione e alla pressione da parte delle grandi compagnie.
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