Sibilla Aleramo a Dino Campana ,(7 agosto 1916)

Da Silvy56

Tremo aspettando che tu mi scriva. M’hai amato, quei giorni. T’ho avuto tutto nel primo sguardo, cosi interamente. Perché tremo? E l’ultima sera m’hai detto: “Tanto dubitavi di te?…”. Oh, ma è la verità. Dino. Io, che non vorrei, che mai avrei voluto cambiarmi con un’altra creatura, io che so il mio valore, so anche tutta la mia miseria, so che se tu domani mi scrivessi che è stato un sogno, che ti sei svegliato, che non mi ami, troverei nel mio orrore da chinare il capo… Perché amarmi, tu? Anche oggi, che povere frasi sciocche devo averti scritto. Come quando t’ero accanto, che non sapevo che piangere o baciarti. E ho fatto piangere tanti dacché vivo. Che importa se per ogni lagrima che ho fatto scendere ne ho versate io stessa cento. C’è tanta ombra intorno a me. Puoi averlo sentito, puoi, dopo che son partita, averlo sentito, tu che sei fatto per il sole… Dino, Dino! M’hai detto: “tu non dici: sempre, mai, come le altre”. Ma stasera mi sembra che mai io mi sia sentita davanti all’amore una cosi piccola cosa oscura. Dopo tutto quanto ho vissuto e voluto, dopo aver benedetto ogni sforzo e ogni martirio credendo ogni volta di crescere e d’adunar luce in me, come mi trovo davanti a te! E se tu sapessi il disprezzo che ho per queste stesse parole con le quali cerco come d’inginocchiarmi. Tacere, non dovrei che tacere, aspettando. Bisogno di distruzione, dicevi… Come m’hai parlato del “nostro” lavoro, quell’ultimo mattino! Della cosa bella creata sotto il cielo dal fatto solo del nostro amore. – Senti i miei silenzi? – T’ho veduto staccato da tutti, libero come nessuno, e più umano ancora di me, oh Dino, ch’ero cosi sola a portar tutta la mia umanità. Ma più forte di me, anche. Più alto. So quel che dico. Che ti potrò dare? T’adoro. E sento tutta la mia impotenza. Baciarti

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