Come si sparecchia la tavola dai piatti sporchi senza voglia, dopo aver atteso che lo faccia un altro.
Ingiustamente, amaramente. Coraggiosamente. Necessariamente.
Dolce donna che accogli l’estate impensata e il mare nero tutto, nei tuoi capelli e nei tuoi baci, lascia le mie mani. S’inzuppano fonde nelle tasche sformate dalle notti, stirando le braccia, tanto che le spalle si alzano a proteggermi il viso. Non mi guardare mentre vado via, non andrei via mai, appeso a quelle magiche curve scure. Piccola donna con i pugni chiusi, apri quei palmi e sfiorami un bacio. Che mi sussurri negli anni a venire di uno scirocco notturno e di un magico bosco. Che mi illuda di rimanere grigio e azzurro nelle pieghe della tua pelle scura.
Ti ho amata subito e ti amerò sempre, donna mai quieta, senza più paura di dire amore, perchè nel ricordo è permesso tutto, in quel modo segreto e libero dei sogni custoditi.
Piccola donna delle parole e delle follie, tienimi dentro, in un piccolo cuore privato, pulsante come un vulcano, e tuonante come prima della pioggia lontana. E lasciami andare, perchè le tue nuvole cariche di primavera possano piovere lacrime e amore su altri prati. Su fili d’erba e api, su nature libere e coraggiose, su sguardi aperti e mani sincere.
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