Sicurezza e ordine pubblico a Licata – L’appello di “A Testa alta”

Creato il 03 ottobre 2014 da Lucastro79 @LucaCastrogiova
Licata

Published on ottobre 3rd, 2014 | by radiobattente

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Sicurezza e ordine pubblico a Licata: la questione arriva sul tavolo dei Ministri dell’Interno e della Difesa. Gli amici dell’associazione “A Testa Alta” si rivolgono ad Alfano e Pinotti.

Noi di Radio Battente ci uniamo all’appello.

“A testa alta” ha chiesto al Ministero dell’Interno e a quello della Difesa di assumere senza indugio le opportune iniziative atte a fornire la comunità di Licata di risorse adeguate al suo aumentato fabbisogno di sicurezza, dotando il Commissariato di P.S. e la Stazione dei Carabinieri di maggiori uomini e mezzi, onde consentire la predisposizione di adeguati programmi di pattugliamento e controllo del territorio nelle ore serali e soprattutto in quelle notturne.
Nella richiesta, che è l’ultima di una lunga serie che dall’inizio dell’anno “A testa alta” ha rivolto, senza ricevere risposta, al Ministero dell’Interno, a quello della Difesa – Comando Generale dei Carabinieri e al Prefetto di Agrigento, si ripercorre l’incessante sequela di episodi incendiari che ha colpito, e che purtroppo continua a colpire, autovetture e altri mezzi in sosta nel centro abitato e in aree periferiche della città.
L’interminabile elenco degli episodi segnalati dall’associazione, assume il carattere di un bollettino di guerra.
Sembra non ci sia pace sulle strade licatesi: dalla Via Cimabue, dove è stata distrutta dalle fiamme la Mercedes C di un commerciante, alla Via Appennini dove è stata data alle fiamme la Fiat Bravo di un bracciante agricolo. Mezzi incendiati anche in Via La Marmora, in Via Medici, in Contrada Piano Cannelle e in Contrada Rinella, dove hanno subito un incendio due trattori agricoli parcheggiati sul ciglio della strada.
Spesso, nella stessa notte, si verificano più episodi incendiari e in diverse zone della città: il 19 giugno, sono state incendiate, in Via Montenero, una Fiat 600 di proprietà di una casalinga e, in Via Architetto Licata, una Fiat Punto di un bracciante agricolo; il 22 settembre sono state distrutte dalle fiamme, in Via Panama, una BMW Serie C di proprietà di un disoccupato e, in Via Vetruvio, una Ford Focus di proprietà un’impiegata; il 25 settembre, nel Vicolo Sapio, le fiamme hanno distrutto due autovetture: una Renault Scenic e una Lancia Y, entrambe di proprietà di un impiegato comunale. Episodi apparentemente slegati tra loro, ma che gli inquirenti cercheranno di riannodare.
Nella nota inviata ai Ministri dell’Interno e della Difesa, “A testa alta” osserva che, in realtà, gli episodi sono tenuti insieme da un filo comune: «la pressoché totale assenza di denunce di estorsioni». E si spinge a fare una considerazione che può sembrare banale, ma non lo è: «se è astrattamente ipotizzabile che molti di tali atti incendiari siano da attribuirsi a vendette, rancori personali o motivi di interesse, non può certo desumersi che a Licata il fenomeno delle estorsioni non esista, ma piuttosto che imprenditori, commercianti e braccianti agricoli del luogo “preferiscano” non sporgere denuncia». Anzi – continua “A testa alta” – tale ipotesi deve ritenersi la più probabile, se si tiene conto del «difficile contesto territoriale agrigentino e, in particolare, di quello licatese, dove – salvo qualche rarissima eccezione – anche quei pochissimi imprenditori che decidono di ribellarsi al racket, in sede processuale, ritrattano oppure ridimensionano le loro accuse, perché non sono sostenuti dai cittadini, dalle associazioni e neppure dalle Istituzioni».
L’amara considerazione che esterna l’associazione licatese scaturisce dalla presa d’atto della «impossibilità di avere – in territori come quello di Licata – un alleato forte, come la Pubblica Amministrazione, che sostenga il cittadino nella lotta al fenomeno mafioso e lo orienti nel sentiero del cambiamento».
Inascoltato – come si evidenzia nella nota inviata ai due Ministri – è rimasto l’appello lanciato da “A testa alta” affinché il Comune di Licata si costituisse parte civile, a fianco di un imprenditore licatese, in un processo, scaturito dall’importante operazione della Polizia di Stato denominata “Ouster”, contro individui (tutti di Licata) accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Si registra dunque, secondo l’associazione, una «rassegnata forma di generica intimidazione e di sfiducia da parte della popolazione», nel constatare la «scandalosa inerzia delle amministrazioni che si sono succedute negli anni», sia in relazione a processi penali che vedono dirigenti e dipendenti comunali imputati di gravi reati contro la pubblica amministrazione che a processi per fatti di mafia avvenuti nel proprio territorio; inerzia – continua “A testa alta” – cui si affianca quella della stragrande maggioranza dei politici locali che, in una sorta di omertà collettiva, continua a minimizzare ogni cosa, non prende posizione sulla mancata costituzione di parte civile del Comune contro dirigenti e dipendenti processati per abuso di ufficio e gravi reati di natura ambientale né contro soggetti accusati di reati di mafia, negando sostanzialmente l’esistenza stessa del problema».
I contraccolpi sui cittadini sono enormi, poiché aumenta la sfiducia nelle Istituzioni.
Ma nella richiesta di “A testa alta” non si fa riferimento solo al susseguirsi e ancor peggio al «persistere degli episodi incendiari»; si parla anche del perpetrarsi di atti vandalici a danno di edifici scolastici, dell’escalation di furti ai danni di negozi in pieno centro storico e di altri recentissimi fatti, suscettibili di aggravare ulteriormente quel «senso d’insicurezza e disagio che avvolge l’intera comunità licatese».
Il 3 settembre, in Contrada Stretto, sono stati rinvenuti uccisi (tutti legati uno all’altro per le zampe) dieci cani; tale plateale esecuzione, d’inaudita ferocia, è intervenuta immediatamente dopo la mancata adozione da parte del Consiglio Comunale di una delibera riguardante la destinazione di un bene immobile (abusivo, acquisito al patrimonio comunale e che era in attesa di demolizione) a sede di un nuovo Canile Municipale. Insomma, c’è materia su cui indagare.
Il 4 settembre, nel tardo pomeriggio, presso uno dei corsi principali di Licata, un rilevante numero di soggetti ha dato vita a una gigantesca rissa, mettendo a repentaglio l’incolumità dei passanti e dei commercianti del quartiere, che impauriti hanno deciso di abbassare le saracinesche dei propri negozi; l’esiguo equipaggio di Carabinieri e della Polizia di Stato intervenuto, correndo non pochi rischi personali, è riuscito a interrompere la violenza in corso soltanto dopo 40 minuti circa.
A Licata il fabbisogno di sicurezza è dunque cresciuto e, per l’associazione “A testa alta”, «appare assolutamente improcrastinabile e urgente adottare tutti gli strumenti necessari per garantire adeguata vigilanza del territorio» e «risolvere il problema della grave carenza di organico e di mezzi di polizia».
Peraltro, conclude l’associazione, «la frequenza degli avvicendamenti (soprattutto tra i dirigenti del Commissariato di P.S.) frena il formarsi di adeguate esperienze e di memoria storica, indispensabile per una compiuta conoscenza della criminalità e del fenomeno mafioso locale, la cui caratteristica peculiare consiste nel mimetizzarsi e infiltrarsi nel tessuto economico-sociale e nella pubblica amministrazione».
Adesso la parola passa ai Ministri dell’Interno, Angelino Alfano, e della Difesa, Roberta Pinotti.
E, intanto, a Licata, il carro attrezzi si prepara a caricare la prossima auto incendiata.

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