Una ronfata infinita. Confesso di non essere riuscito a seguire con molta attenzione la partita. E non per un attacco acuto di sonnolenza post-prandiale. Noia. Banalissima noia. Sbadigli su sbadigli. Undici casacche nerazzurre che si trascinavano stancamente per il campo, al ritmo lento di un bradipo. Soporifero e sempre uguale. Mai un cambio di velocità, movimenti senza palla quasi inesistenti, distribuzione del pallone al rallentatore.
Il Siena ha badato soltanto a difendersi, tanto che Julio Cesar è tornato negli spogliatoi con i guanti lindi. Ma un atteggiamento tattico speragnino e abbottonatissimo, da parte dei padroni di casa, era ampiamente preventivabile. Per non prenderle e, eventualmente, per cercare il colpaccio in contropiede. La partita doveva farla l’Inter. Che ha prevalso nel possesso palla, senza però riuscire a rendersi veramente pericolosa. Tocchetti, tocchetti, sempre tocchetti. Mai un affondo. Nagatomo a destra e Zanetti a sinistra hanno raramente raggiunto il fondo. Bloccata la linea mediana, con Cambiasso, Thiago Motta e Stankovic incapaci di un’accelerazione. Una solitudine neanche troppo rumorosa per Pazzini, abbandonato al proprio destino di torre senza rifornimenti, in perenne e vana attesa della grazia di un pallone giocabile.
Nell’intervallo Ranieri ha provato a dare una scossa bocciando il solito Zarate, fumoso e inconcludente, e Alvarez, che forse non ha neanche avuto bisogno di fare la doccia. Nullo il contributo di Obi, mentre Castaignos ha portato più vivacità, soprattutto dopo l’ingresso di Milito, schierato nell’insolito ruolo di trequartista. Proprio Castaignos, a cinque minuti dalla fine, si è procurato il calcio di punizione che, leggermente “telefonato” da Thiago Motta, ha fatto comunque sgranchire Brkic. E sempre l’oriundo di centrocampo ha fornito a Castaignos, al novantesimo, l’assist per il rasoterra dal limite dell’area che ha portato nelle casse nerazzurre tre punti insperati. Anche questo è il calcio.