di Massimo Pittau
Cagliari (Cágliari; antica Karalis, Caralis, spesso plurale Carales) (capoluogo di provincia e capitale della Sardegna). La odierna denominazione locale del toponimo è Casteddu = «Castello», denominazione che in origine indicava il rione alto della città, la sua acropoli o roccaforte. Fino all'inizio del Novecento la città veniva chiamata anche Casteddu Mannu «Castello Grande» per distinguerlo da Casteddu Sardu «Castelsardo», che era il «Castello Piccolo».
È da respingersi con decisione la tesi corrente, secondo cui Cagliari sarebbe stata fondata dai Fenici; la testimonianza di Claudio Claudiano (I, 520), che la dice «fondata dai potenti Fenici di Tiro», non ha alcun valore perché è troppo tardiva (IV sec. d. C.). È assurdo infatti ritenere che, molto prima dei Fenici, i Nuragici non avessero messo occhio e provato interesse per questa località, caratterizzata come era da facili approdi, sia ad oriente che ad occidente, munita di un colle dirupato facilmente trasformabile in roccaforte, ricca di importanti saline e posta all'imboccatura di quella laguna di Santa Gilla, che non solo era molto pescosa, ma portava anche fino ad Assemini, nella direzione delle risorse agricole del Campidano e di quelle minerarie dell'Iglesiente. D'altra parte risulta accertato che nell'area di Cagliari lo stanziamento umano è molto più antico dell'arrivo dei Fenici in Sardegna, dato che risale al periodo eneolitico e forse a quello neolitico, come risulta dai ritrovamenti archeologici effettuati nel colle di Sant'Elia, a San Bartolomeo e a Monte Claro. Inoltre è quasi del tutto certo che il toponimo Karalis/Caralis - come aveva già sostenuto Max Leopold Wagner (LS 141) - è sardiano o protosardo, dato che trova riscontro nei toponimi Carále di Austis e Carallái di Sorradile. Esso poi è da confrontare coi toponimi antichi Káralis o Kárallis della Panfilia e Karalléia della Pisidia, in Asia Minore (Strabone, XII 568; PW; OPSE 102). Il quale accostamento interviene a confermare la tesi della venuta dei Sardi dall'Asia Minore (cfr. Ardali, Arzachena, Bargasola, Libisonis, Scandariu, Sindia, Siniscola, Tiana). Circa l’etimologia od origine del nostro toponimo a me sembra che siano possibili due spiegazioni differenti, anche se in parte convergenti.
I) Il toponimo Karalis/Caralis può essere collegato con un appellativo che ha l’aria di essere sardiano o protosardo sia per la sua forma fonetica, sia perché è attestato in due aree molto isolate e fortemente conservative dell’Isola, il Sarcidano (Isili) e il Sarrabus (Villaputzu): caraíli «macigno, roccia, rupe» (DitzLes). Ed è logico trarne questa conclusione: è probabile e verosimile che in origine Karalis significasse «la rocca» e la «la roccaforte», con riferimento alla collina rocciosa sulla quale insiste il suo odierno rione di Castello. D’altronde il riferimento a quell’elemento geo-fisico viene tuttora ripetuto e conservato nella odierna denominazione sarda della intera città: Casteddu.
II) Il toponimo Karalis/Caralis si potrebbe collegare con l’altro appellativo sardiano o protosardo cacarallái, crialléi, crièlle, chirièlle, ghirièlle «crisantemo selvatico» (margherita di colore giallo) (Chrysanthemum coronarium, segetum L.) e «macerone» (Smyrnium olusatrum L.) e pure con l’altro appellativo sardiano garuléu, galuréu, galiléu «polline dei fiori, polline depositato nel miele» (che è di colore "giallo oro"), entrambi da confrontare - non derivare – col fitonimo etrusco garouleou «crisantemo (selvatico)» (LELN 100; OPSE 102, 116, 143, 211-212; LISPR; DETR 93) e inoltre probabilmente col greco chlorós «giallo» (indeur., GEW, DELG).
Con quest'ultimo accostamento è molto probabile che trovi la sua esatta spiegazione il fatto che nell'Ottocento e nel Novecento viaggiatori forestieri definivano Cagliari "gialla", colore che veniva attribuito alla città perché la roccia della sua roccaforte "il Castello" - che in quei tempi era di certo assai più visibile di adesso - era per l'appunto "gialla". Si veda Alberto La Marmora, Itinerario dell'isola di Sardegna (Cagliari 1868) pag. 14: «color bianco giallastro della roccia calcarea»; pag. 25: «La pietra calcarea di quest'edifizio [la Torre dell'Elefante] è tirata dall'antica pietraja di Bonaria, pietra forte giallastra. Vedi Parte Terza, descrizione Geologica: cap. VII, pag. 257». Grazia Deledda nel 1899, nella rivista Natura ed Arte, num. 12, scriveva testualmente: «Cagliari è fatta di case giallastre» (G. Deledda, Versi e prose giovanili, a cura di A. Scano, Milano 1938, pag. 218). Ma anche in epoca più recente, cioè nel 1932, Elio Vittorini definiva Cagliari «È fredda e gialla. Fredda di pietra e d'un giallore calcareo africano». E infine lo studioso cagliaritano Francesco Alziator (L’elefante sulla torre, Cagliari 1979, pag. 217), avendo detto che «Per qualche secolo, Bonaria è stata la cava dalla quale venivano fuori le pietre per le case e la breccia per le strade», specifica dicendo «Bonaria era una collina nudarella di calcare (...) che a primavera ricopriva il suo squallore giallastro con una grande infiorata di gigli». In conclusione è molto probabile che in origine Karalis/Caralis significasse «(la Roccia o Rocca) Gialla».
C’è da osservare e precisare che le due possibili spiegazioni etimologiche di Karalis/Caralis in effetti convergono entrambe sul riferimento alla collina rocciosa del suo Castello e, per questo fatto, l’una conferma l’altra. Ciò implica e significa che in origine Karalis/Caralis poteva significare «Rocca» oppure «Rocca gialla».
La trasformazione dell'antico toponimo in quello attuale è di certo avvenuta attraverso le seguenti forme, tutte storicamente documentate: Caralis > Calaris > Callari > Cagliari. L'ultima forma del toponimo è effetto della pronunzia spagnola della penultima.
In epoca classica il toponimo ricorreva spesso nella forma del plurale: Karales, Carales: come capitava per altre città antiche, il plurale voleva indicare la grande estensione della città; ed è quanto aveva segnalato lo stesso Claudiano, quando aveva scritto: tenditur in longum Caralis «Cagliari si distende in lunghezza».
Risale già all'epoca romana la forma del suo etnico Caralitanus e Carallitanus (RNG 309), con una ambigua intensità della consonante liquida che trova riscontro anche nelle forme del toponimo Calari e Callari e perfino nella pronunzia di quella consonante nell'odierno dialetto campidanese.
Estratto perfezionato dall’opera di M. Pittau, I toponimi della Sardegna – Significato e origine, Sassari 2011, pagg. 794-5, EDES (Editrice Democratica Sarda). (Corrige LCS I cap. I).
Nell'immagine: una foto aerea di Cagliari del 1954