“I militanti antiarmi di solito non devono scendere dall’autobus di rtiorno dal lavoro, quando fanno il secondo turno. Non devono giocare a rimpiattino fra un lampione e l’altro all’una di notte per portare i panni sporchi alla lavanderia a gettone, e rimanere lì per un’oretta, di solito senza nessun altro, illuminati al neon dietro la vetrina del negozio come carne fresca in mostra guarnita con una borsetta o un portafogli invitante, e poi fare la corsa a zig zag verso casa con la divisa da cameriera o da commesso del fast food fragrante di bucato. Barack Obama non ha mai dovuto farlo. Hillary Clinton non ha mai dovuto farlo. E nemmeno buona parte della borghesia americana ha mai dovuto farlo. Il valore del Secondo Emendamento a loro sfugge del tutto”
Chi scrive non è un repubblicano esaltato con in casa i poster di Ronald Reagan e Barry Goldwater, ma un “redneck” democratico e di fede socialista: il giornalista e scrittore Joe Bageant. Con grande maestria, Bageant ha saputo fotografare in queste poche righe uno dei paradigmi più esplicativi e totemici del fallimento strategico e gestionale di buona parte della sinistra contemporanea (non solo statunitense) e della sua incapacità di sintonizzazione sui bisogni del cittadino comune: la sicurezza. Quello che infatti è o dovrebbe essere un bisogno ed un diritto primario del cittadino, in special modo nelle società democratiche e garantiste, viene percepito, snobbato ed etichettato come emanazione di gretti e miopi ventralismi, dell’istintualità più primitiva e come un artificio mediatico di persuasione; il cittadino spaventato che si rivolge al politico/amministratore “liberal” per avere quella protezione ed assistenza che, de facto, paga con le proprie tasse, si vede rispondere con un’alzata di spalle, con sgangherate teorizzazioni proto-pseudo-sociologiche e con l’invito a non trascendere verso tentazioni di stampo reazionario e fascista. Qualsiasi iniziativa volta al contenimento delle potenzialità criminali viene quindi stoppata, ostacolata e rigurgitata, con il risultato, paradossale, di fomentare ed arricchire proprio quel corteo di primordialità che si vorrebbe evitare. Diametralmente opposto è il comportamento delle destre, che dopo aver perso il treno dei grandi movimenti di massa del primo ’900 (quelli della seconda porzione di secolo hanno una spinta propulsiva più concettuale ed elitaria), hanno imparato a fare un passo verso il basso per parlare con l’uomo qualunque dei problemi dell’uomo qualunque con il linguaggio dell’uomo qualunque. E, si badi bene, l’uomo qualunque non è un’astrazione o una creazione mitopoietica, ma quella massa, quella “folla”, come la definiva Giannini, che sposta l’asse elettorale e che manda avanti la macchina stato ogni giorno con il proprio lavoro. Mentre i “liberal” organizzano conferenze per capire quale motivo induca un ubriaco ad infilare la bottiglia di birra tra le gambe di una pendolare all’una di notte, le destre scendono in piazza con il salumiere, con la casalinga, con il pensionato che hanno paura ad uscire di sera. Certo, alla prova dei fatti molto spesso non riescono a mettere in campo progettualità efficaci, ma non snobbano il “Signor Rossi” o “Joe Sixpack” sventolandogli in faccia una superiorità culturale e civile che sono ben lungi dal possedere. Si domandi , la sinistra, per quale motivo in ogni latitudine del circuito occidentale si sia guadagnata la fama di “frikkettona” , “radical chic” e stereotipi di simil fatta, e , soprattutto, si liberi dal mito del “buon selvaggio”, costretto a delinquere delle demoniache congiunture partorite dall’orrido capitalismo.