Se penso alla prima volta che ho visto Jònsi e soci nel 2008, mi sembra passato poco tempo. E invece sono ben 5 anni da quando ho scritto questa recensione su questo blog. Aiuto quanto velocemente passa il tempo! Non è invece passata la verve a questo gruppo islandese. Anzi si sono ulteriormente evoluti senza però abbandonare la loro strada alternativa. Nella cornice di una splendida Lucca sempre più internationally crowded i Sigur hanno presentato i brani del nuovo disco Kveikur e suonato vecchi successi. Rispetto al lontano 2008 ho notato una maggiore aggressività nel sound, sempre più rock e sempre meno soft new age. Anche se è difficilissimo classificare la musica dei Sigur Ròs, definita semplicemente come “post – rock”: termine che non disdegno in quanto ne condivido il significato letterale, qualcosa che viene dal rock ma dopo il rock stesso. Con i Sigur siamo di fronte a qualcosa di nuovo che crea un’atmosfera mistica e allo stesso tempo dissacrante. Jònsi con il suo falsetto particolare e la strana pronuncia di una lingua – l’islandese appunto – a tutti sconosciuta, insieme ai giochi di luci e agli intrecci degli strumenti, fanno pensare a un gigantesco rituale, una sorta di invocazione agli antichi dei nordici. Quelli che hanno guidato gli antichi scandinavi verso la terra del fuoco e del ghiaccio e poi oltre fino alle Americhe. Ci si deve lasciare andare per apprezzare a pieno questa musica. Quasi due ore di concerto da viversi come un percorso catartico. Ancora una volta la stravagante atmosfera che questo gruppo fa calare sulla platea attonita mi fa pensare alla particolarità della terra di Islanda su cui prima o poi vorrei camminare. Grazie Sigur!
Se penso alla prima volta che ho visto Jònsi e soci nel 2008, mi sembra passato poco tempo. E invece sono ben 5 anni da quando ho scritto questa recensione su questo blog. Aiuto quanto velocemente passa il tempo! Non è invece passata la verve a questo gruppo islandese. Anzi si sono ulteriormente evoluti senza però abbandonare la loro strada alternativa. Nella cornice di una splendida Lucca sempre più internationally crowded i Sigur hanno presentato i brani del nuovo disco Kveikur e suonato vecchi successi. Rispetto al lontano 2008 ho notato una maggiore aggressività nel sound, sempre più rock e sempre meno soft new age. Anche se è difficilissimo classificare la musica dei Sigur Ròs, definita semplicemente come “post – rock”: termine che non disdegno in quanto ne condivido il significato letterale, qualcosa che viene dal rock ma dopo il rock stesso. Con i Sigur siamo di fronte a qualcosa di nuovo che crea un’atmosfera mistica e allo stesso tempo dissacrante. Jònsi con il suo falsetto particolare e la strana pronuncia di una lingua – l’islandese appunto – a tutti sconosciuta, insieme ai giochi di luci e agli intrecci degli strumenti, fanno pensare a un gigantesco rituale, una sorta di invocazione agli antichi dei nordici. Quelli che hanno guidato gli antichi scandinavi verso la terra del fuoco e del ghiaccio e poi oltre fino alle Americhe. Ci si deve lasciare andare per apprezzare a pieno questa musica. Quasi due ore di concerto da viversi come un percorso catartico. Ancora una volta la stravagante atmosfera che questo gruppo fa calare sulla platea attonita mi fa pensare alla particolarità della terra di Islanda su cui prima o poi vorrei camminare. Grazie Sigur!
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