Silent House, di Chris Kentis, Laura Lau (2011)

Creato il 01 aprile 2012 da Psichetechne
Intrappolata in una casa di campagna di proprietà della sua famiglia, in riva a un lago, la bella e giovane Sarah, non potrà più comunicare con l'esterno, sempre più in balìa di eventi inquietanti e misteriosi. 

Ormai lo sappiamo da tempo che gli americani sono affetti dal misterioso virus del "remake", che sembra renderli famelici di trasposizioni in salsa statunitense di opere europee o latino-americane, come l'uruguayano "La Casa Muda" (vedi mia recensione qui: La Casa Muda-recensione), che ispira quest'ultimo "Silent House", diretto a quattro mani da Kentis e Lau. Aldilà del remake-virus, tuttavia il film della coppia Kentis-Lau non è malaccio, anzi, si esprime in modo abbastanza autonomo rispetto all'originale, e lo segue in modo non pedissequo, forse anche perchè si avvale, con un senso di umiltà che non va sottovalutato, della sceneggiatura scritta dallo stesso Hernàndez, regista dell'originale. Il film parte lento, poichè utilizza lo stesso espediente di "La Casa Muda", consistente nell'operare agendo "in tempo reale", cioè attraverso un unico piano sequenza lunghissimo, che alla lunga può anche annoiare lo spettatore abituato a vedere film d'azione tutti i giorni. A Kentis e a Lau non interessa l"azione", ma, anche qui, l'atmosfera e l'evocazione dell'inspiegabile, così come si appalesa nell'esperienza di una giovane adolescente, lasciata in balia di fantasmi paterni di carattere omicida, cui è costretta a far fronte, suo malgrado. Rispetto al film di Hernàndez, forse i movimenti di macchina sono più morbidi, sciolti e "liquidi", il che è certamente un vantaggio, poiché ciò favorisce un senso di spaesamento che ti coinvolge mentre segui le vicende che accadono sotto i tuoi occhi, nonchè aumenta il gradiente identificatorio con la protagonista, una Elisabeth Olson (Sarah) che sa rappresentare in modo efficace la sua paura, sebbene appaia orientata ad una (inconsapevole?) imitazione della Heather Donahue di "The Bail Witch Project" (1999), soprattutto nella parte finale del film. Tale richiamo tuttavia non guasta affatto, perchè avere come riferimento il mitico "TBWP", a me sembra, da parte dei registi e del cast, il segno di saper manovrare (anche inconsciamente, e perchè no?) una rete di sottotesti perturbanti interessanti, se non fondamentali e da non rimuovere come se niente fosse. Il padre di Elisabeth, appare meno fondativo, come personaggio, ma peraltro scompare quasi subito alla nostra vista, e noi siamo felici, perchè (come tutti gli amanti di Cinema Perturbante) non vediamo l'ora di vedere la nostra parte vulnerabile e sola, proiettata nella povera Sarah, alle prese con la Paura. Nonostante le inevitabili lungaggini iniziali, dopo circa 20 minuti il film comincia a prendere spessore, generando interni claustrofobici inquietanti al punto giusto, e avvalendosi di un uso del sonoro che anche le musiche stridenti di Nathan Larson sanno ben  accompagnare e alternare a silenzi inframmezzati da passi, tonfi e scricchiolii davvero tensioattivamente evocativi. Il problema di "Silent House" (che è poi quello di tutti i remake) è quello di avere dietro le spalle un deja-vu inevitabile, che condiziona inesorabilmente la visione. Il nostro preconscio ha cioè già registrato la storia, e le tracce mnestiche che vanno a formare la nostra normale memoria a lungo termine, costruisce sentieri visivi che indirizzano la nostra visione, aldilà del "nuovo" che il prodotto artistico che ci troviamo a visionare ci proponga.  Sul piano della sceneggiatura non siamo poi lontani dall'organizzazione narrativa di "La Casa Muda", elemento sia positivo che negativo, poichè la storia è quella e altro non ci aspettiamo. Ma, se è vero che bisogna essere Cézanne per dipingere una lunga serie di "remake" della sua montagna di Sainct Victoire, senza risultare ripetitivo, ma anzi innovativo ad ogni suo quadro, i nostri due registi, pur non essendo Cézanne, sanno parlare una loro lingua propria, distanziandosi nell'insieme dall'originale, attraverso un calibrato utilizzo di atmosfere d'interni, e dell'efficacia delle inquadrature, efficacia che risiede tutta, potremmo dire (scusate l'ossimoro), nell'angosciante morbidezza delle inquadrature stesse. Non dimentichiamoci poi che "Silent House" è il remake di un film difficile, lungo, che impegna la concentrazione dell'osservatore in una continua ricerca di senso e in un costante movimento identificatorio-disidentificatorio con la protagonista.  Alcune sequenze sono inoltre originali e condotte con sapienza perturbante considerevole, aldilà del "peso" derivativo dell'originale (vedi la sequenza dell'automobile nella quale Sarah, terrorizzata dagli eventi precedentemente sperimentati, sta aspettando che John ritorni). Possiamo dunque dire, almeno in questo caso, che non proprio tutti i remake sono orride copie di fulgenti originali, e che questo "Silent House" si fa guardare con benevolenza e speranza per il futuro. Da vedere. 
Regia:Chris Kentis, Laura Lau  Sceneggiatura:  Gustavo Hernàndez  Fotografia: Igor Martinovic Musiche: Nathan Larson  Cast: Elisabeth Olsen, Adam Trese, Eric Sheffer Stevens, Julia Taylor Ross, Adam Barnett, Haley Murphy   Nazione: Francia, USA  Produzione:   Elle Driver, Trazora Films Durata:   85 min.

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