Silvia Tozzi intervista Xabier Iriondo e ?Alos: parliamo dell’album “Endimione”

Creato il 07 febbraio 2013 da Alessiamocci

Antonin Ataud per alcuni non significa nulla, per altri è il titolo di una canzone dei Bahuaus, per altri fu un artista francese internato in manicomio durante la Seconda Guerra Mondiale e, per i più istruiti, fu un attore, autore, disegnatore francese, che, se apparve in film anche mainstream, compose opere teatrali e poesie, oltre che alcuni saggi, estremamente di rottura.

I suoi testi sono così moderni, come dice ?Alos, nome d’arte di Stefania Pedretti, “che alcuni credono li abbia scritti io”.

Xabier Iriondo, che, come racconta, spesso cerca ispirazione “in ciò che leggo e in ciò che vedo” , ha ritenuto coerente con la poetica sua e di Stefania, oltre che un doveroso omaggio, usare i sette madrigali di Artaud, ciascuno intitolato a un attore, uno sceneggiatore, un giornalista o un amico dell’autore, come punto di partenza per “Endimione”, album suo e di ?Alos, uscito il 15 ottobre.

I testi, i primi che ?Alos canta in italiano, sono stati tradotti dalla performer dal francese.

Mi hanno colpito per la loro modernità e la loro forza, tanto che non sembrano scritti a inizio del Novecento, ma attuali e crudi”, spiega.

Per Iriondo il disco è un omaggio al Teatro della Crudeltà, una scuola di pensiero fondata da Artaud, secondo cui forma e contenuto dovevano essere coerenti tra loro ed attinenti a ciò che si andava a raccontare. crudeltà Artaud non intendeva sadismo, ma che qualunque elemento che non sia concordante, in linea, con la rappresentazione, va eliminato da essa. In più, e in questo è coerente con le teorie di ?Alos, la ragazzina con tanti capelli che disegna coltelli, reputava che la rappresentazione non deve avvenire solo attraverso la parola. Deve essere integrale, coinvolgere tutte le forme espressive. Questo è “Endimione”: un’opera uniforme fatta di testi, musiche, arrangiamenti, packaging del disco (con due ritratti di Artaud, da giovane e da vecchio, dopo l’internamento, ad opera di Valentina Chiappini), photo set e video (questi ultimi realizzati in un ex manicomio a da NaGloria Saurin, che con ?Alos fa parte delle Allun). Sono chiaramente elementi di un unico disegno e vanno analizzati tutti assieme per comprendere appieno il progetto artistico.

Artaud era in un certo senso un esponente della controcultura – sottolinea Iriondo – Ma ha fatto anche film mainstream: questo suo aspetto trasversale è affascinante. Come il fatto che, pur avendo la carriera spiantata, ha fatto scelte di rottura e coraggiose”.

Non è la prima volta che ?Alos e Iriondo collaborano. Come loro stessi ricordano, hanno realizzato assieme un 7′ e poi hanno inciso insieme (con Bruno Dorella, altro componente, con Stefania, degli OvO) “The Hammer”, cover dei Motorhead presente nel disco di Iriondo, “Irritzi”.

Riguardo al 7‘ – spiega ?Alos – Era un mettere assieme le nostre idee, ma non ruotava attorno a un progetto unico, forte, come è accaduto ora”. Iriondo aggiunge, sovrapponendo tra loro gli indici che “questo è nato nostro, non incollato assieme. Solo noi assieme avremmo potuto farlo”.

“The Hammer” è stato registrato dopo “Endimione”, ma Iriondo spiega che “è nato prima” (è anche uscito prima: “Irritzi” è stato pubblicato in settembre). Quando ?Alos lo guarda stupita aggiunge: “Nella mia testa”. E spiega che, quando ha deciso di rifare “The Hammer”, il pensiero gli è corso subito agli OvO e al desiderio di inciderlo con loro.

“Endimione” quindi è nato in studio, dopo una lettura delle poesie.

Non abbiamo fatto un reading, anche se era la cosa più logica quando si lavora su delle poesie – spiega ?Alos – perché ovviamente è questo di norma che si fa: io avrei letto, o recitato, i brani con Xabier che suonava. Ma invece le abbiamo volute rendere più nostre. Io a volte le racconto, altre le canto, anche se cantare non è il termine che userei per indicare ciò che faccio, e so che se faccio un growl di un testo magari non lo si capisce, ma siamo orgogliosi di quanto abbiamo fatto”.

È un album che non invecchierà”, aggiunge Iriondo.

Anzi, magari con il tempo sarà capito di più”, puntualizza ?Alos. La quale evidentemente ama molto questo disco, e vorrebbe fosse compreso, mentre, purtroppo, dice, a molti il senso dell’opera è sfuggito.

Ogni brano del disco ha una sua possente identità. Vi sono suonati strumenti differenti per ciascuno. “Volevamo non usare due volte lo stesso strumento nel corso dell’album. Anzi, in origine non volevo neppure metterci la chitarra elettrica, il mio strumento”, spiega Iriondo.

La scelta musicale è poi legata alle dinamiche. “Ad esempio, se voglio che il pezzo abbia un segnale più spinto in fuori, scelgo alcuni strumenti, come, allo stesso modo, se il pezzo è piatto, cosa che, quando i brani sono particolarmente forti, accade, inseriamo qualcosa di inatteso, che lo modifichi improvvisamente. Mi piace usare gli strumenti in un altro contesto, magari destrutturando lo strumento”. Iriondo spiega che in “Endimione” “non ho usato strumenti artigianali, a parte il mio cordofono. Dal basso alla chitarra, alla chitarra hawaiana al benjolino. Sono strumenti che esistono, magari poco usati in Italia, o realizzati in quantitativi limitati, ma che esistono. Il lavoro che piace fare a me è usarli in modo inaspettato”.

Questi due artisti sono molto simili e molto diversi al tempo stesso. ?Alos è più estroversa e spumeggiante, Iriondo è introverso, anche se spigliato, maggiormente raccolto, come se un pezzo di lui stesse contemplando qualcosa altrove. Come dice lui, “non ho più la fretta che le cose mi sfuggano, di non esserci quando le cose succedono”. Ha iniziato i suoi ascolti musicali, spiega, con il rock classico, da Elvis ai Led Zeppelin. Quindi ha scoperto – contemporaneamente – il punk e il suo artista preferito, Bruce Springsteen.

Mi piace conoscere la tradizione, per poi superarla”.

Ha seguito la no wave e il post rock. Conosce, come è noto, la musica basca, sia folk (per lo più opera di strumentisti: durante la dittatura la lingua basca non poteva essere usata) che punk (il punk basco è nato nella prima metà degli anni ’80), che “ho vissuto in prima persona”.

?Alos, che ascolta per lo più HC e crust, e che non disdegna il black metal moderno, spiega che “non è molto che ascolto il metal: troppe chitarre. Odiavo le chitarre”. Ha iniziato bambina ascoltando la musica classica e “I Capire” che faceva girare sul giradischi di casa, “che montavo e smontavo ogni volta”.

Però della musica classica mi è rimasta l’impostazione. Mi piace il crescendo che le è tipico, che porta all’esplosione. Amo la musica che lascia un’impressione, che fa venire la pelle d’oca”.

Quando tutte le copie di “Endimione” saranno vendute “non ne rifaremo mai più altre, e il disco sparirà – dice Xabier sognante – Mi piacciono le cose che finiscono, i gruppi che si sciolgono, le esperienze che non possono essere reiterate”.

 Written by Silvia Tozzi


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