Berlusconi si dimette, lui dice per senso di responsabilità, i suoi avversari dicono perché era diventato ormai impresentabile, la realtà dice che aveva una maggioranza ridotta a due soli parlamentari.
Subentra Monti, lui sì presentabile, che mette su un governo tecnico che tiene a galla la barca senza tuttavia spostarla molto dalla tempesta anche se, Schettino insegna, il solo fatto di tenerla a galla, in tempo di inchini agli scogli, è un merito.
Monti si dimette, lui tecnico freddo e calcolatore, ed entra in politica con la sua lista e il sostegno dei centristi Casini e Montezemolo e della destra moderna (leggere con molto sarcasmo e volendo anche un pizzico di sano disprezzo quest’ultima definizione scritta) di Gianfranco Fini.
Il Cavaliere che sarà pure mezzo cotto, megalomane e pure affetto da un sano vittimismo (in parte giustificato dal solito accanimento giudiziario e blah blah blah) ma sa come funziona in Italia la campagna elettorale, decide di giocarsi le sue carte e per ora ha ragione lui.
Da quando è stato chiaro che Berlusconi sarebbe ridisceso in campo con un ruolo attivo nella campagna elettorale il PDL è cresciuto nei sondaggi, dopo un lungo periodo durato più di un anno di caduta libera e qua e là si vedono degli elettori di centrodestra ringalluzziti.
Nel frattempo è venuto meno l’entusiasmo a sinistra portato dalle primarie, con tutta l’esposizione mediatica che ne è conseguita, e il PD, in leggero calo, pur essendo ancora il candidato ad essere il partito più votato, sembra un po’ sbiadito nei consensi e il Movimento 5 Stelle, anch’esso in calo, ha perso smalto. Il resto sono frattaglie tranne il sorprendente movimento con a capo Ingroia che cresce, rubando consensi nel PD e nel M5S.
In tutto questo scenario Berlusconi sa che gli indecisi che votavano centrodestra sono perplessi e non possono certo essere convinti da qualche comparsata in tv ad effetto, quindi decide di affrontare il Santoro per le corna occupandosi nei ritagli di tempo di strapazzare anche i suoi amichetti.
Lo fa a modo suo, rovesciando il tavolo, dando una prova di padronanza del mezzo televisivo da fuoriclasse, rendendo persino accettabili certe affermazioni che dette da chiunque altro avrebbero suscitato come minimo una grassa risata e la richiesta di intervento del 118.
Perché Berlusconi ha funzionato a Servizio Pubblico, pur avendo detto pressapoco le stesse cose dette in quella famosa conferenza stampa a villa Gernetto, dove sembrava un vecchio in delirio?
La risposta può essere solo una, Berlusconi da solo è sinceramente imbarazzante, ha bisogno dell’avversario ingenuo, dell’intervistatrice che recita il ruolo di quella dalla schiena dritta e cattiva, quella che vuol esser “scomoda” per ruolo e non per il risultato del suo lavoro, la maestrina saccente e ruvida che si impantana nella morbida ovatta del maestro degli imbonitori.
Il risultato è davanti agli occhi di tutti, una vittoria mediaticamente schiacciante, da raccontare il giorno dopo agli amici, al bar, tra uno sfottò e l’altro.
E la politica?
La politica dice ben altro. La politica ci dice che a fine febbraio si andrà alle urne con Bersani, già ministro di un governo Prodi e a capo di una coalizione che ne ricalca la forma. Con Berlusconi leader ma non candidato premier, perlomeno al momento in cui scrivo, che ha governato per tanti anni il nostro paese senza tangibili miglioramenti e tantomeno le riforme liberali promesse. Con Mario Monti, il premier uscente, a capo di un governo tecnico che ha tenuto i conti nel periodo di peggiore crisi dimenticandosi della crescita, aumentando la pressione fiscale a livelli intollerabili e sbagliando alcuni calcoli, come nel caso degli esodati. Con Beppe Grillo, un comico, con scarso senso della democrazia interna, pifferaio magico alla guida di uno stuolo di giovani con grande passione civica e alti ideali ma totalmente all’oscuro di cosa significhi amministrare un paese da far paura. Il resto è il partito del magistrato con i magistrati e i comunisti. Oscar Giannino che si barcamena con il suo 1,5% e frattaglie varie.
Qualcuno deve pur dirlo, e io non mi sottraggo, ma in uno scenario del genere non si capisce perché il Cavaliere non dovrebbe provarci e questa affermazione, a ben guardarla, ti butta nel baratro della consapevolezza che fino a quando la politica, il paese e gli italiani, avranno a cuore il circo e ci sarà in giro il signor Barnum, sarà difficile trovare qualcuno che sappia gestire meglio di lui questa comunità fatta di nani, ballerine, freak, giocolieri e clown che si muove sotto il tendone a strisce tricolori.
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