Nella religione ebraica è presente in diversi riti e circostanze, come del resto viene testimoniato da più passi della Bibbia (Genesi, Giudici, Salmi, Proverbi).
Fu durante la civiltà egizia che il ruolo del vino nella religione si fece complesso e articolato. La credenza nella rigenerazione dei defunti sulla base di riferimenti magici e sui cicli naturali fece si che le acque del Nilo che inondavano le terre e il vino venissero assimilati al sangue del dio Osiris, in virtù del loro colore rosso. La vendemmia, la pigiatura e trasformazione del mosto in vino riproducevano secondo le credenze le fasi della passione, morte e resurrezione del dio.
I frammenti dei papiri ritrovati confermano l'enorme importanza religiosa del vino e della vigna; esso era bevanda d'elezione del re defunto dopo che aveva raggiunto la sua destinazione celeste. Questo è confermato da due frammenti che dicono:
"La mia acqua è vino come quello di Ra"
"Il cielo è gravido di vino, Nut ha generato sua figlia l'alba-luce"
Da qui si capisce come questa bevanda sia stata fondamentale anche per la cosmogonia egizia. Nella religione degli antichi egizi molte divinità hanno un rapporto diretto con il vino: Shezmu, il dio del torchio, nei Testi delle Piramidi offre ad Osiris il succo dell'uva spremuta; Hathor, la dea vacca della quale si celebra la festa dell'ebbrezza; Sekhmet, la dea leonessa si ubriacò con birra di colore rosso (ovvero vino) credendola sangue, perdendo quindi coscienza della sua missione di distruggere l'umanità; infine Bestet, la dea gatta di Bubast, città dove si consumavano grandi quantità di vino quando si celebrava la festa per lo scampato pericolo della distruzione del genere umano.
(affresco tombale)
In virtù di questo legame stretto tra divinità e il nostro protagonista, le bevande predilette che venivano offerte nei rituali religiosi erano vino e birra.
Nel mondo greco il ruolo del vino nella religione si evolse inevitabilmente. In questa civiltà vi era un dio che proteggeva la vite e la bevanda che ne deriva, il suo nome era Dioniso. Fu proprio lui ad aver donato agli uomini il vino a ad aver insegnato loro non solo i metodi di produzione ma anche di consumo.
Feste, banchetti orfici e orgiastici avevano un ruolo molto importante perché il largo consumo di questa bevanda si credeva potesse mettere le persone in contatto con le divinità attraverso lo stato di ubriachezza. Secondo poeti e scrittori il vino aveva un ulteriore funzione: quella di mostrare la vera natura dell'individuo, da qui il proverbio di Alceo "In vino veritas".
Poiché nell'antica Roma non esisteva atto umano che non avesse fondamento in un superiore ordine divino, il nostro protagonista veniva affidato e offerto a Giove, protettore dell'equilibrio dell'uomo. E' proprio al padre degli dei che andava il sacrificio che sanciva l'inizio della vendemmia. Dopo infatti che un sacerdote aveva esportato le viscere di un'agnella, si aveva l'estirpazione del primo grappolo e quindi l'offerta delle interiora al dio. Varrone individua lo scopo di questo rituale affermando "pro tempestatibus leniendi" ovvero per evitare che le piogge potessero rovinare il raccolto.
L'avvento del Cristianesimo e la successiva caduta dell'Impero Romano mutarono questo rapporto che si evolse con sfumature e significati diversi che verranno analizzati nel successivo articolo.