Nasce a Parigi nel 1909 da genitori ebrei non praticanti.
Porta a termine, nonostante la sua salute fortemente cagionevole, gli studi liceali ed universitari laureandosi in filosofia. A 16 anni vive una forte crisi depressiva, il cui frutto più significativo è la scoperta di una personale "vocazione alla verità" che non l’abbandonerà più.
Insegna filosofia in vari licei francesi, con l'interruzione di due anni in cui lavora in fabbrica.
Nel ’37 vive un’esperienza mistica di "incontro col Cristo" particolarmente intensa che indirizzerà il suo pensiero in termini decisamente spirituali. Da allora preferirà alla cultura platonico-ellenica, cui aveva dedicato varie speculazioni, lo studio dei principali testi sacri esistenti, dal Libro dei Morti Egiziano al Corano, dalla Bibbia alla Bhagavad-Gita. Nel ’40 abbandona Parigi a causa dell’invasione tedesca e si rifugia dapprima a Marsiglia e poi negli Stati Uniti, da qui passa in Inghilterra dove lavora per l’organizzazione "France libre". Muore il 24 agosto 1943 nel sanatorio di Ashford.
Contesto storico
Prende parte in più occasioni alla vita politica di quegli anni tra le due guerre, intrattenendo vari contatti: ora con i gruppi della resistenza repubblicana, durante una breve e sfortunata partecipazione alla guerra civile spagnola, ora ospitando per un breve periodo il leader antistalinista Trotzkij, nonchè organizzando manifestazioni antifasciste di vario genere che le costeranno la segnalazione alle autorità scolastiche e relativi trasferimenti.
Il pensiero
Simone Weil subisce dapprima il fascino del marxismo (sono gli anni della rivoluzione d’Ottobre) di cui tuttavia rifiuta la configurazione teorica dello stato per il suo autoritarismo. Si occupa di politica fin dagli anni del liceo ma non si iscrive mai ad alcun partito. La sua stessa militanza sindacale e politica iniziale - più anarchica che marxista - trova le sue ragioni in un’ispirazione etica che la guiderà sempre a mettersi dalla parte degli oppressi:
"Occorre essere sempre disposti a cambiare di parte per seguire la giustizia, questa eterna fuggiasca dal campo dei vincitori." Filosoficamente aderisce inizialmente al pensiero dei suoi insegnanti Alain e Le Senne, esponenti di un filone dello spiritualismo francese di inizio secolo, permeato di una forte carica anti sistematica. Nella sua esperienza di insegnamento ne proseguirà il metodo invitando gli allievi a leggere direttamente i testi dei filosofi anzichè i manuali.
Successivamente Simone Weil andrà sviluppando il suo pensiero che sarà sempre più caratterizzato dalle esperienze interiori. Gli anni di lavoro in fabbrica danno l’avvio ad una profonda e sofferta riflessione sul senso della propria esistenza, mentre vive l’esperienza operaia come occasione di esperienza interiore, che annota fedelmente: "Lentamente nella sofferenza - scrive in "La condizione operaia" - ho riconquistato attraverso la schiavitù il senso della mia dignità di essere umano, un senso che questa volta non si basava su alcunchè di esteriore." Sono anche gli anni in cui si intensificano quei dolori di testa che la indurranno ad esperire "che cosa significa assaporare la morte da viva." L’idea della morte, così presente in Simone Weil, è qualcosa di più del frutto di momentanei scoramenti: attraverserà tutta la sua vita costituendone il vettore di ricerca della verità. Scrive in una lettera: "Ho sempre pensato che l’istante della morte sia la norma, lo scopo della vita.Pensavo che, per coloro che vivono come si conviene, sia l’istante in cui per una frazione infinitesimale di tempo penetra nell’anima la verità pura, nuda, certa, eterna.
Posso dire di non aver desiderato per me altro bene." Abbandona gradualmente l’interesse più propriamente politico e sospinge sempre più la sua riflessione in direzione del senso dell’esistere, colto nei suoi risvolti religiosi e mistici, senza con ciò rinunciare al tentativo di tradurre il tutto in Pensiero, compito che non delegò mai ad alcuna istituzione politica nè ecclesiastica: questo fu uno dei punti fermi che le garantì la coerenza con se stessa.
E’ un personaggio estremamente significativo per la pregnanza e la radicalità con cui ha vissuto e concretizzato via via la sua visione del mondo attraverso le sue trasformazioni. Come filosofa certamente non fu capita: ci fu sempre un maggior interesse per il carattere, da molti ritenuto eccentrico ed esemplare, delle sue esperienze personali, che per il pensiero che, come filosofa, la Weil stessa distillò dalla propria vita così intensamente vissuta. Una caratteristica della sua esistenza fu proprio quel particolarissimo contatto col "malheur", con la sofferenza come realtà universale nonchè l’accettazione di esserne posseduti senza che ciò porti ad alcuna rassegnazione: "Non si tratta di cercare un rimedio contro la sofferenza, ma di farne un uso soprannaturale". Quale miglior tentativo di leggere all’affermativo le vicende umane?
Il centro problematico del pensiero di Simone Weil è imperniato sul concetto di "decreazione", quale conseguenza diretta della creazione stessa: in merito la Weil rivela il carattere tendenzialmente gnostico della trascrizione intellettuale della sua intuizione mistico-religiosa: "La creazione è abbandono. Creando ciò che è altro da Lui, Dio l’ha necessariamente abbandonato. La creazione è abdicazione." E ancora: "Dio si è svuotato della sua divinità e ci ha riempito di una falsa divinità. Svuotiamoci di essa. Questo atto è il fine dell’atto che ci ha creati.In questo stesso momento Dio con la sua volontà creatrice mi mantiene nell’esistenza perchè io vi rinunci. Dio attende con pazienza che io voglia infine acconsentire ad amarlo." Decreazione, quindi, come atto di spoliazione totale, di morte di ciò che in noi dice "io", come unica via per portare a realtà quella scintilla divina che in noi si dà, l’increato appunto. Attraverso il pensiero di Simone Weil si stabilisce un rapporto rigoroso tra la facoltà naturale dell’intelligenza e la facoltà soprannaturale dell’amore: la prima infatti può cogliere "l’esistenza nell’anima di una facoltà superiore a se stessa, che conduce il pensiero al di sopra di essa." Ed è in virtù di tale scoperta e non di alcuna costrizione esterna, che l’intelligenza umana trova in se stessa "un motivo sufficiente che la costringa a subordinarsi all’amore soprannaturale." E’ su queste basi che Simone Weil arriva ad una delle formulazioni cardine del suo pensiero che l’avvicina così alle posizioni della più moderna epistemologia, là dove afferma che "la verità non si trova mediante prove, ma mediante esplorazione. Essa è sempre sperimentale".
Opere
"Quaderni" voll: I,II,III,IV Adelphi ; "La condizione operaia"ed. Riuniti; "L'amore di Dio" Borla.
(Agnese Galotti su Geagea.com)