La recensione cannibale
Sin City – Una donna per cui uccidere è stato il super mega floppone dell'estate americana. Costato $60 milioni, in patria sta facendo fatica a raggiungere quota $15 milioni e nel weekend d'apertura è riuscito a mala pena a entrare nella Top 10 dei film più visti, nonostante la totale assenza di grandi concorrenti. Perché un tonfo così clamoroso? Per prima cosa, va detto che Robert Rodriguez non è che sia sempre una garanzia al box-office. Già la poco riuscita operazione Machete Kills doveva fargli fischiare le orecchie in tal senso. Un altro motivo va secondo me ricercato anche nel tempismo. Il tempismo è tutto nella vita e questo Sin City 2 è giunto nel momento probabilmente meno propizio. Dal primo capitolo del 2005 è passato troppo tempo per poterne sfruttare l'hype e allo stesso tempo ne è passato troppo poco perché si possa parlare di riscoperta vintage. Il problema fondamentale sta però probabilmente nella natura intrinseca del film stesso. Sin City 1 era un cult movie wannabe, ma non era un cult movie vero e proprio. A livello visivo rappresentava qualcosa di nuovo e di davvero fico, un modo di usare la computer grafica per realizzare un cine-fumetto folgorante, anni luce più avanti di quanto visto prima di allora e che avrebbe aperto la strada a 300 e cloni vari. Peccato soltanto che nell'anno 2014 una pellicola girata in questa maniera non faccia più notizia e la sua indubbia bellezza estetica finisca di affascinare dopo appena pochi minuti. Una volta che viene a mancare l'effetto “WOW!” della realizzazione tecnica del film, Sin City – Una donna per cui uccidere lascia di fronte a ciò che è veramente, e che forse già il primo Sin City era: una pellicola vuota. Terribilmente vuota.
L'unica cosa degna di nota di questo stanco secondo episodio di Sin City, ancora diretto da Rodriguez insieme al fumettista Frank Miller, è allora la parata di splendidi volti e corpi femminili. Senza nulla togliere alle notevolissime Jessica Alba (che appare un po' annoiata dal dover ripetere le mosse del primo episodio), Juno Temple, Jamie Chung, Jaime King e Alexa Vega, la sola e unica trascinatrice del film è Eva Green. Se lo stupore per la bellezza visiva della pellicola svanisce dopo pochi minuti, quella per le curve generosamente esibite dall'attrice francese, per quanto già mostrate in The Dreamers e in varie altre occasioni, non ha mai fine. (voto 5,5/10)
Il cinefumetto cannibale