SIN CITY: UNA DONNA PER CUI UCCIDERE (Sin City: A Dame to Die For)

Creato il 05 ottobre 2014 da Ussy77 @xunpugnodifilm

Torna la città del peccato, ma dai toni più compassati

Attesissimo secondo capitolo ispirato alla graphic novel di Frank Miller, Sin City: Una donna per cui uccidere ripropone le stesse atmosfere e l’identico impianto estetico accattivante in b/n: tuttavia ciò che non trascina sono i “capitoli” mostrati sullo schermo, che si dimostrano inferiori rispetto al predecessore.

Nel momento in cui Sin City è uscito nelle sale cinematografiche nel 2005 è stato immediatamente considerato un cult senza ombra di dubbio. Tutto ciò grazie a un impianto visivo decisamente anticonvenzionale (un bianco e nero schizzato di colore, che faceva palpitare l’anima dei personaggi dietro le armi), la miscela di due generi (il noir e l’action pulp) e l’ostentazione di un cast di prim’ordine. Di conseguenza si è atteso a lungo il secondo capitolo (che doveva esplorare altri personaggi della città del peccato), accompagnato da enormi aspettative. Rispettate? Purtroppo non del tutto, perché Sin City: Una donna per cui uccidere lascia da parte il violento lato action per esibire maggiormente quello noir e ostenta uno script decisamente meno profondo e più prevedibile. E la pellicola, pur presentando un incipit veramente interessante (che ruota interamente intorno al Kadies Bar), comincia a zoppicare nel momento in cui inizia a sviluppare i tre episodi che la compongono.

Probabilmente quest’impressione è data dalla riproposizione quasi integrale dei personaggi di Sin City, mostrandone evoluzione, maturazione o degenerazione. Perché laddove ci si aspettava personaggi completamente nuovi e dotati di altrettanta carica violenta e repressa, si va incontro nuovamente a Marv (trait d’union della pellicola), Dwight (stavolta interpretato da Josh Brolin, ma privato delle caratteristiche Converse rosso sangue) e Nancy. L’unico carattere nuovo è Johnny, ma ci si accorge ben presto che risulta marginale, quasi lasciato in balia degli eventi e del senatore Roark (villain “fantasma” del primo film e concreto del secondo). Tuttavia è la “donna per cui uccidere” l’elemento più coinvolgente e accattivante del prodotto ed è interpretata da una Eva Green in gran forma, ambigua e spesso portatrice sana di passionalità carnale.

Sin City: Una donna per cui uccidere non si dovrebbe liquidare in quattro righe e conseguentemente nemmeno considerare una pellicola pienamente non riuscita. Difatti il manifesto filosofico del peccato (che trova libero sfogo attraverso la voce off dei soffocati pensieri), mettendo in scena giustizieri che calpestano leggi per inseguire brandelli di principi o vendette personali e donne sexy e letali, è un esercizio di stile e di concretezza visiva. Non sempre è facile portare in scena una graphic novel talmente unica e particolareggiata, che non ha intenzione di edulcorare la violenza, ma che privandosi del colore facilita l’accessibilità a un pubblico più vasto. Insomma Sin City: Una donna per cui uccidere perde qualche pezzo per strada, non ha un ritmo sostenuto e a volte mette in evidenza dei passaggi a vuoto, ma l’impianto visivo (accattivante e caratteristico) rimane lo stesso e questo probabilmente basta e avanza.

Uscita al cinema: 2 ottobre 2014

Voto: **1/2


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