Sinagòga
Dal latino tardo synagoga(m), che è dal greco synagoghé ‘assemblea’, derivato di synághein, composto di syn- ‘sin- con, insieme’ e ághein ‘condurre, portare’.
Sostantivo femminile.
1. Edificio destinato al culto religioso e allo studio dell’ebraismo.
Tempio.
Adunanza di Israeliti.
2. (estensione) Nazione, religione ebraica, l’insieme degli ebrei in quanto aderenti all’ebraismo o come popolo: l’Antico Testamento è sacro per la sinagoga e per la chiesa.
Una (parola) giapponese a Roma
Ghezzì [ged'dzi]
Dal tigrino gezzi.
Anche ghezì.
Sostantivo maschile invariabile.
(storia) Nel sistem giuridico abissino, intimazione.
Ci scrive il Fabbri!
— Apprezzo molto la caccia che alcuni lettori della Parolata stanno facendo per trovare un caso in cui "sé stesso" abbia una valenza diversa da "se stesso": sono forse solo dei divertimenti per adulti (non in quel senso lì…) ma mi piacciono molto.
Del resto, ricordi? Tu stesso mi hai mandato in sollucchero una volta, scrivendo – non so ancora quanto consapevolmente – una frase di senso pieno e compiuto che conteneva la bellezza di cinque "sia" consecutivi. È stato quando ci hai illuminato con la tua ricerca sulle forme "sia… sia…" e "sia… che…".
Ormai va di moda usare la prima forma e giudicare sbagliata la seconda (e quindi è reputato giusto dire "sia bianchi, sia neri", sbagliato dire "sia bianchi che neri"), ma la tua ricerca mostrò che le due forme erano del tutto equivalenti, e ci comunicasti il risultato scrivendo " è quindi lecito scrivere sia sia sia sia sia che".
A dire il vero, non ricordo se lo scrivesti proprio così o nella forma più punteggiata e virgolettata "è quindi lecito scrivere sia "sia… sia…" sia "sia… che…"". La forma virgolettata è più chiara, ma vedere due livelli di virgolette in letteratura è strano, se non addirittura proibito.
E però il discorso delle virgolette è importante: in fondo, il discorso letterario è "logos", e "logos" è anche la radice primaria della logica; ed è dai tempi di Bertrand Russell che sappiamo che l’autoreferenza è insidiosa e generosa al tempo stesso. Gli autori letterari spesso omettono le virgolette, e nessuno gliene fa una colpa, probabilmente giustamente.
Nel tuo caso, ad esempio, i cinque "sia" tutti di seguito sono leggibilissimi, e molto più divertenti che nella forma correttamente punteggiata.
Certo, se fosse sempre possibile seguire questa strada, allora saremmo a cavallo. Se potessimo evitare gli ammonimenti di Bertrand Russell sull’autoreferenza (o anche solo sulla referenza), gran parte dei nostri problemi sarebbero risolti. Infatti, se sono obbligato a scrivere "stesso" quando mi riferisco alla parola "stesso" e non al suo significato, è un conto; se posso invece evitarlo, è un altro. In qualche modo, stiamo chiamando in causa anche un’altra rubrica della Parolata, direi, quella neonata sulla punteggiatura.
Però è importante, perché è del tutto evidente che se stesso posso scriverlo anche senza virgolette, allora il problema di trovare un "se stesso" diverso da "sé stesso", lo abbiamo appena risolto, proprio in questa frase. —
Piero Fabbri manifesta dei dubbi sul livello di consapevolezza del curatore della Parolata, ma noi gli vogliamo bene ugualmente.