Una Rivoluzione Culturale.
No, non siamo nella Cina di Mao.
E non c’è nemmeno bisogno di aver letto Marcuse.
Basta trascorrere un paio d’ore alla guida della BMW i3 full-electric.
Una vettura progettata da zero per la trazione elettrica, e che colorata di bianco traslucido potrebbe tranquillamente essere venduta negli Apple Stores.
Eppure si muove, e velocemente.
Molto velocemente.
E silenziosamente.
Molto silenziosamente.
L’ansia da autonomia si placa quando si realizza che per ogni x chilometri percorsi, la percorrenza residua indicata
dallo strumento di bordo cala soltanto di y chilometri (dove y < x); ciò per merito del recupero di energia nelle fasi di decelerazione.
La cosa più sorprendente è il piacere di guida, che pur differente per sfumature rispetto ad una tradizionale propulsione termica, resta di elevato livello in assoluto ed all’altezza delle aspettative generate dal marchio biancoblu sul cofano.
In pratica, centralizzare in impianti lontani dai centri abitati una parte della trasformazione di energia necessaria a muoversi comporta vantaggi a livello di concentrazione di emissioni nocive e di gas serra; gli elevati rendimenti e gli effetti di scala possono ottimizzare l’efficienza complessiva del sistema di trasporto privato.
Ma un bel gioco dura poco.
Ad un certo punto bisogna pur ricaricare le batterie, cosa che accomuna la i3 ad un grosso iPhone.
Operazione che richiede tempi ingloriosamente lunghi, ammesso di trovare un punto di ricarica idoneo.
Di conseguenza la nuova rivoluzione culturale deve iniziare a chiedersi se veramente dobbiamo andare dove dobbiamo andare, e magari chiederci che cosa ci andiamo a fare.
La mobilità del futuro avrà inevitabilmente molto a che fare con la pianificazione; il concetto di automobile come espressione di libertà individuale andrà reinterpretato secondo canoni razionali.
Ad ognuno lasciamo il giudizio.
UF