Nel febbraio del 1875, 137 anni fa, si tenne a Torino il primo congresso enologico italiano. Parlando di quale dovesse essere il futuro, si misero a confronto due anime dell’enologia italiana, due tendenze contrapposte.
Il principale oggetto del contendere furono le pratiche enologiche. Da un lato stava la tendenza che desiderava vini di tipo costante, che voleva svincolarsi dai rischi di produrre vini di qualità diversa ogni annata, qualità determinate dalle differenze di maturazione delle uve, e che quindi chiedeva, analogamente a quanto era usuale fuori dall’Italia, la possibilità di correggere i mosti in zucchero e acidità, in modo da ottenere tutti gli anni un vino dalle caratteristiche costanti. Dall’altro lato si schierava l’altra anima dell’enologia italiana che considerava l’aggiunta di zucchero, la disacidificazione o l’utilizzo delle altre pratiche enologiche applicate in altre nazioni come delle tecniche da non usare e da non divulgare. La necessità di presentare sul mercato, in maniera unita, tutti i i produttori e con vini di tipo costante, in grado di essere commercializzati all’estero, portò il congresso di Torino ad approvare la proposta di “correggere il mosto nelle annate non favorevoli, e riportarlo a titolo normale.” Questo cosa significa? Significa che già nel XIX secolo vi erano delle diatribe che furono superate con il buon senso, mentre da noi il “Consorzio Tutela del Collio” e “Piccolo Collio”, sono venute ai ferri corti per via del nome coperto da copyright. Scusatemi, perchè scannarsi quando si può fare sinergia? Cara Patrizia Felluga, perchè non vi sedete ad un tavolo tu, Sirk e Keber e trovate una soluzione al problema? Abbiamo un posto tra i più belli del Friuli Venezia Giulia e siete qui a preoccuparvi della primogenitura del nome Collio?Insomma mentre “In altre parti d’Italia si fa sinergia per portare turisti e produrre dell’ottimo vino, voi non trovate una soluzione a questo problema, anzi procedete con diffide legali, non considerando la maggior parte degli studi territoriali di matrice socio-economica che considera il territorio come un sistema dinamico di relazioni intersoggettive capaci di sedimentare risorse relazionali” tra le municipalità, i produttori di vino e non solo, le classi dirigenti politiche locali, in coesione con taluti grandi produttori si rinchiudono nei battibecchi del proprio campanile a discapito di quel processo di “sviluppo territoriale diversificato, basato sulla valorizzazione sostenibile delle risorse materiali e immateriali presenti in un certo territorio”.