“Sinfonie in danza” è un classico balletto sinfonico: Stefanescu, attraverso la danza, non si limita ad accompagnare la musica, ma descrive un suo universo esistenziale effettuando una riflessione attenta sull’opera messa in scena. Il coreografo diventa quindi creatore ed interprete di queste musiche ad alto impatto emozionale, dando immediatezza comunicativa attraverso il balletto alla realtà psicologica e agli stati emotivi suscitati dalla melodia. I primi tre momenti della rappresentazione sono incentrati sulla produzione artistica di Ciajkovskij. Lo spettacolo ha inizio con “l’ouverture fantasia di Romeo e Giulietta” che fu scritta dal compositore nel 1869; la musica non nacque con una destinazione coreografica ma i suoi conflitti drammatici e il forte descrittivismo l’hanno resa ottima per la scena. E così Stefanescu, attraverso i canoni classici della tragedia greca (unità di tempo, luogo e azione), mette in scena il famoso dramma di Shakespeare. Il racconto ha la durata di un giorno (inizia la notte e termina all’alba) e ha come scenario il giardino della casa di Giulietta. Quattro sono i ballerini che lo interpretano nei ruoli di Giulietta, Romeo, Mercuzio e Tebaldo. La coreografia, ricca di virtuosismi, di salti, di diagonali, di scontri corpo a corpo, tra duelli e romantici incontri dei due amanti, narra in breve l’atroce dramma di questo straziante amore. Il secondo balletto è tratto da “Lo Schiaccianoci” ed è un “Pas de deux”. La musica scritta dal compositore russo nel 1891 questa volta nasce proprio per essere coreografata. Il tutto viene difatti eseguito dai ballerini con leggerezza, ariosità e solennità così come richiede la circostanza: un’unione di tecnica e talento che si vede sia nella virilità e nella forza dell’uomo, nei suoi passi eleganti e decisi, sia nella grazia, nella delicatezza e nei movimenti soavi della donna. Il connubio di entrambi crea sul palco una vera poesia.
L’ultima sequenza di questa prima parte è affidata alla “Patetica”, opera testamento di Ciajkovskij composta nel 1892 e diretta un anno dopo dallo stesso compositore esattamente dieci giorni prima della sua morte. Il titolo spiega benissimo il carattere della melodia che si conclude con un Adagio lamentoso. La coreografia che Stefanescu monta su questa musica è davvero particolare e altamente lirica, segue il disegno dei tempi musicali connessi all’animo di Ciajkovskij e mette in scena tre personaggi simbolo che impersonificano la Vita (solista femminile), l’Amore (solista maschile) e il Destino (antagonista maschile). Intorno a loro ballerini testimoni muti della scena. L’azione scenica viene così vissuta dal pubblico nel racconto della Vita che, se fin dall’inizio conosce l’impossibilità di sfuggire al Destino, ama fino al sacrificio di sé ma con la consapevolezza che amando non morirà. Bellissimo balletto di alta intensità emozionale e bravissimi ballerini che raccontano una storia quotidiana quasi come una favola. La seconda parte dello spettacolo si apre con “Alba di pace e armonia” di Scriabin. Dei sei movimenti dell’opera dell’enfant prodige russo, il coreografo ha scelto il primo ed il terzo che, entrambi di andatura lenta, si differenziano perché nel primo la tessitura sonora è delicata, priva di contrasti e capace di creare quasi un’atmosfera mistica, mentre il terzo invece è più intenso con una parte più agitata e passionale. I ballerini si trovano immersi nella natura ricca di tranquillità e pace quasi tangibile che diventa sempre più corposa e attua una magia, quando i due solisti danzano insieme creando complicità ed eleganza, con prese leggerissime ed evoluzioni sincronizzate di braccia e gambe che cercano di unirsi alla natura circostante.
Nell’ultimo balletto, “Variazioni sul tema Amore”, la musica è quella de “Les Préludes” di Liszt, un poema sinfonico, un movimento articolato in più tempi che si susseguono. Stefanescu per quest’ultima coreografia racconta la metafora dell’amore attraverso cinque coppie diverse tra loro: vestiti con colori che vanno dal tenue allo sgargiante, balletti delicati e romantici, movimenti più scattanti e passionali differenziano i duetti. Il coreografo vuol far percepire all’auditorio i sentimenti di poesia e amore proprio come il compositore li ha ispirati, perché esistono nell’anima di tutti noi ma al giorno d’oggi devono essere riscoperti. Uno spettacolo piacevole, sia per la bravura dei ballerini, sia perché questi balletti di breve durata, essendo tutti differenti, si prestano facilmente ad essere seguiti e a catturare l’attenzione del pubblico. La scelta scenografica, caratterizzata da una natura quasi dirompente, ricorda in certi aspetti i colori della nostra Etna e i tutù, vivaci, semplici o impreziositi da ricami a seconda dei personaggi, contribuiscono a creare questo costante e armonioso movimento cromatico in tutta la scena. Ottima la direzione del maestro Stefano Miceli e l’esecuzione dell’orchestra del Teatro Massimo, ma spetta a loro l’unica nota dolente: infatti, i musicisti dovrebbero ricordarsi di alzarsi e uscire dopo gli applausi a fine spettacolo perché farlo durante i ringraziamenti è un po’ disdicevole e scenicamente brutto!
Fotografie di Giacomo Orlando per il Teatro Massimo Bellini di Catania