Sinister, Pulp e Mosaico dal dottor Satana agli orfanelli di David Hemmings

Creato il 14 ottobre 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Cosa accade se un cineasta del calibro di Reginald Le Borg – autore di The mummy’s ghost (1944) e I gangsters della 5 Avenue (1952) – prende una manciata di vecchie glorie del cinema dell’orrore (e non solo) alla fine della loro carriera per radunarle in un unico lungometraggio rientrante proprio nel genere?

Accade che prende forma Il sonno nero del dottor Satana (1956), girato in bianco e nero per porre il grandissimo Basil Rathbone nei panni del dottor Cadmann, il quale, nella Londra del 1872, somministra ad un innocente condannato, prima della sua esecuzione, una polvere capace di provocargli una sorta di morte apparente; per poi ottenerne il corpo, rianimarlo e condurlo nel castello in cui compie misteriosi ma fallimentari esperimenti sul cervello di persone che, per lo più, restano menomate.

Esperimenti volti a trovare una cura per la moglie in coma, man mano che entrano in scena l’immancabile John Carradine, un Lon Chaney Jr. ormai irrecuperabile vittima dell’alcool, l’imponente Tor Johnson che già aveva preso parte a Bride of the monster (1955) di Edward D. Wood Jr. e Bela Lugosi in un ruolo muto, in quanto non più in grado di ricordare le battute a causa dei suoi problemi con la droga.

Un piccolo, raro titolo che viene lanciato su supporto dvd italiano, da Sinister Film, con indispensabile presentazione di Luigi Cozzi, come pure La tortura delle vergini (1970) di Michael Armstrong (ma pare che, non accreditato, co-diriga anche Adrian Hoven), nato dopo il successo ottenuto da Il grande inquisitore (1968) di Michael Reeves.

Non a caso, nell’Austria settecentesca, in maniera simile alla pellicola interpretata da Vincent Price racconta del giovane Christian von Meruh alias Udo Kier, il quale, inviato a controllare il sanguinario operato della banda di Albino durante la caccia alle streghe, si innamora di Vanessa, con il volto di Olivera Vuco, accusata falsamente di stregoneria.

Nel corso di oltre novanta minuti di visione che, comprendenti nel cast il recentemente scomparso HerbertUno sparo nel buioLom ed evidentemente attraversati da un certo sentimento di sfiducia nei confronti del potere costituito, fanno delle sadiche efferatezze il loro piatto forte; tra donne marchiate, una lingua strappata e, addirittura, la soggettiva di un occhio trafitto da uno spillone.

Rimanendo sempre in tema di orrori che furono, facciamo un balzo all’interno del catalogo Pulp Video per constatare, con piacere, che è entrato finalmente a far parte dei lavori disponibili nel mercato dell’home video digitale tricolore – con trailer cinematografici e gallerie fotografiche quali extra – anche Le spose di Dracula (1960) di Terence Fisher, sequel del Dracula il vampiro (1958) che vide Christopher Lee concedere anima e corpo all’immortale conte succhiasangue.

Sequel che, fuori Lee, coinvolge David Peel nella parte dell’affascinante barone Meinster, discendente del vampiro destinato a tormentare la giovane Marianne Danielle alias Yvonne Monlaur, in sosta durante un viaggio per lavoro verso Badestein, ma anche a scontrarsi con il professor Van Helsing, ancora una volta incarnato dall’indimenticabile Peter Cushing.

Ovvero uno dei maggiori punti di forza dell’operazione, impeccabile per quanto riguarda fotografia e scenografie e caratterizzata da una delle più originali trovate per sconfiggere lo sciupafemmine mordi-colli.

Ma, se parliamo di b-movie, non possiamo neanche fare a meno di sbirciare tra le novità in edizione limitata proposte da Mosaico Media, a partire da Django-Killer per onore (1969) di Maury Dexter.

Trattasi di una produzione western spagnola che, ovviamente, non ha nulla a che vedere con il personaggio portato alla popolarità da Franco Nero sotto la regia di Sergio Corbucci.

Con il volto del compianto George Montgomery, infatti, il Django del titolo italiano altro non è che il braccio destro di un generale prossimo alle nozze con una ragazza facente parte di una famiglia sulla via della rovina e sorella di Alfonso, contrario al matrimonio imminente.

Lo stesso Alfonso che non solo se la intende proprio con la figlia del generale, controllata da Django, ma, ritrovato morto, si sospetta sia stato eliminato dal pistolero, descritto come fuorilegge del Texas condannato per aver assassinato la moglie e rapito da un bandito intento a uccidere il suo principale.

Mentre torniamo all’horror con il decisamente folle Sette femmine per un sadico (1976), produzione francese a firma di Michel Lemoine.

A partire dalla sequenza di apertura, con un alano e un uomo a cavallo che, insieme, rincorrono una fanciulla completamente nuda tra i boschi, fino a farla cadere giù da una scarpata, un plot unicamente interessato ad assemblare le malefatte del discendente di una antica famiglia di sadici; ossessionato da ricordi legati a una misteriosa donna e che, attrezzato di atroci strumenti di tortura, usa attirare ignare vittime nella propria casa di campagna.

Con la complicità di un ambiguo maggiordomo, quindi, lo vediamo orchestrare il suo perverso gioco di morte ai danni di una autostoppista, una giovane in cerca di un posto di lavoro e una coppia rimasta con l’automobile in panne.

Ci spostiamo, invece, in ambito di mostri giganti con Il ritorno di Gorgo (1969), che, nonostante il titolo italiano, non è un seguito del Gorgo (1961) diretto da Eugène Lourié, bensì la riedizione de Il figlio di Godzilla (1967) di Jun Fukuda, pellicola che, per la prima volta, mostrò in versione gentile il drago radioattivo più amato-temuto dai giapponesi.

La storia si svolge su un isolotto del Pacifico dove un giornalista che fatica ad inserirsi in un gruppo di scienziati che, per conto dell’Onu, portano avanti un esperimento di ibernazione atto a verificare se l’uomo può mutare le condizioni climatiche nel mondo, prima vede una misteriosa tizia che ritroverà sul suo cammino e che scoprirà essere la figlia di un geologo morto, poi assiste alla lotta intrapresa da Godzilla per salvare il figlio da alcune enormi mantidi che ne stanno distruggendo l’uovo.

Sempre in zona di creature preistoriche ci si resta con Sul sentiero dei mostri (1940), realizzato a quattro mani da Hal Roach e Hal Roach Jr. e impreziosito da un comparto attoriale comprendente, tra gli altri, il succitato Lon Chaney Jr., Carole Landis e Victor Mature.

Del resto, si comincia con un forte temporale che costringe alcune persone a rifugiarsi in una caverna al cui interno alloggia un colto individuo che prima li mette al corrente del fatto che il posto fu abitazione di cavernicoli, poi racconta loro di una tribù che viveva tra squallide montagne e cacciava tramite l’uso di mezzi primitivi.

Fornendo il giusto pretesto per poter sviluppare su pochissimi dialoghi e tanta azione il campionario di situazioni basate sugli scontri tra i pericolosi rettili giganti e Tumak, impegnato a difendere la bella Loana.

E concludiamo con il drammatico I 14 di Bond street (1973), che, addirittura, valse l’Orso d’argento al Festival di Berlino al regista David Hemmings, conosciuto in particolar modo per le sue interpretazioni in classici quali Blow-up (1966) di Michelangelo Antonioni e Profondo rosso (1975) di Dario Argento.

In questo caso, assistiamo al tutt’altro che roseo quotidiano vivere di quattordici fratelli di diverse età che, orfani di padre e costretti a vivere in poco rassicuranti condizioni economiche, si ritrovano improvvisamente anche senza madre, finendo per essere separati dagli assistenti sociali, i quali li consegnano a vari orfanotrofi.

Con conseguenti fughe, ritorni alla loro casa ormai sprangata e pronta per la demolizione e la scelta del fratello maggiore di sposare una donna per ottenere la tutela degli altri… senza immaginare che un ulteriore imprevisto sia proprio dietro l’angolo.

Francesco Lomuscio

Scritto da Francesco Lomuscio il ott 14 2012. Registrato sotto RUBRICHE, VIDEODRHOME. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione

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