L’ Africa è attraversata da programmi radio pieni di interventi di cittadini africani, di solito uomini, che si lamentano di aver perso spose o partner tentate da ricchi cinesi.
In un recente show televisivo un disperato uomo keniano protesta “il cinese è minuto e brutto come un pigmeo ma se lo vedi supponi che abbia i soldi”.
Vere o presunte queste storie dicono molto riguardo alla percezione del potere economico dei buinessmen cinesi in Africa e della crescita esponenziale della contrarietà verso la loro presenza.
La Cina è di gran lunga il più grande partner commerciale del continente africano con circa 160 miliardi di dollari di scambi annuali di beni e servizi. E’ da notare, inoltre, che più di un milione di cinesi vivono in Africa.
Commercio con l’Africa, 2013. Investimenti diretti esteri in Africa, 2012.
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Fonte: UNCTAD, IMF Autore: Gianluca Pocceschi
L’adorazione dei governi continua sulla scia delle infrastrutture e miniere costruite dai simpatici amici estremo orientali. Ma parlare di Africa che sta diventando colonia cinese – o China’s second continent, come il titolo di un libro americano – è mestamente esagerato.
E’ vero che vende più di tutti in Africa, ma investe direttamente molto meno dell’Italia per esempio (vedi grafico). Il sospetto degli africani è molto cresciuto verso il modus operandi cinese. Sono finiti sotto accusa i contratti impari, i danni all’ambiente, la mancanza di trasparenza e il latitante rispetto per i diritti umani. La società civile del continente Nero schiuma di gruppi contrari alle relazioni internazionali con Pechino.
L’anno scorso in Senegal un gruppo organizzato di residenti è riuscito a bloccare un accordo che lasciava in mano a immobiliaristi cinesi un pezzo della capitale Dakar.
Lamido Sanusi, ex – governatore della banca centrale dello Stato della Nigeria, sostiene che l’ Africa si sta aprendo ad una nuova forma di imperialismo dove la Cina compra le materie prime africane e vende le sue manifatture senza trasferire conoscenza.
La Cina ha poche ambizioni politiche nel continente, collabora sia con le democrazie e sia con i regimi autoritari senza distinzioni. Solo Ruanda e Etiopia hanno in qualche modo replicato il modello corporativo cinese. Le nazioni con lo sviluppo economico più pronunciato hanno sposato le idee occidentali del libero mercato.
Le opinioni molto contrastanti sulla sino – Africa rendono difficile capire se è nel suo ciclo espansivo o nella sua fase discendente. La Cina comunque è tangibile come la città fantasma di Kilamba a 18 miglia da Luanda, capitale dell’Angola. Angosciante….
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