di Gavino Puggioni. Sempre Asinara, niente dintorni se non quelli del mare di dentro e quelli del mare di fuori, uguali ma diversi nelle loro altalene, spinte da venti di levante e di maestrale, oggi assenti perché l’amico Eolo riposava. Sempre Stintino a quell’ora mattutina, quando un centinaio di noi, a bordo di un non alato Gabbiano, si è tuffato, all’improvviso, in una fitta nebbia strana che ci ha impedito di leggere le ultimissime sulle ruberie della politica nostrana. Meglio così! – ci diciamo in coro – di Venezia, del Mose e del “moro…so”..lungi da qui! E m’è venuta anche un po’ di rima, pazienza!
Tutti sul trenino gommato e affaticato, da Fornelli, accesi solo dal sole, a girovagare su lastricato, su asfaltato con un po’ di granitico secolare, discese e salite in mezzo alla natura incontaminata, doline bruciacchiate e solitarie, la nostra macchia mediterranea, quasi unica in quest’isola, dove gli asini, anche quelli albini, la fan da padrini, non da padroni, perché accompagnati, ahimè! da cinghiali e capre in numero decisamente maggiore.
Spettacoli mozzafiato: la natura, le rocce e i loro anfratti, a picco sul mare, piccole falesie, orme di scogli che appaiono e scompaiono, in quell’acqua non ancora contaminata da quella tale civiltà che l’uomo le fa girare intorno.
Insula sinuaria che si forma da Fornelli e su e giù camminando, trenino o bicicletta o jeep, in una coreografia di colori spalmati sui nostri occhi che…godono di quella vista, incantati.
E via via altre diramazioni: Santa Maria, Tumbarino, Cala Reale, Trabuccato per finire a Cala d’Oliva, primo e vero borgo abitato dell’isola, senza dimenticare quelle e altre spiagge accessibili come Cala Sabina e Cala dei detenuti.
Cala Reale, oggi, potrebbe essere il borgo principale, messo in ordine, accogliente e ordinato com’è, con le sue palazzine che sanno di storia, quella vera e della quale pochi studiosi han fatto menzione, se non per gli anni durante i quali il colera era padrone di casa e la chiesetta austro-ungarica, col suo ossario, ne è tragica testimonianza.
Eppoi il silenzio, sovrano incontrastato, con la sua musica, i suoi brusii, i suoi incanti.
Eppoi?…..eppoi sua figlia, questa volta legittima e che da sempre si chiama Poesia, una volta “signora”, ora ri-diventata “signorina”, bisogno come ha di crescere e di farsi ri-ascoltare.
E in quest’isola, credetemi, la poesia si fa ascoltare, diventa prepotente e prorompente, implode ed esplode, deliziosamente silente ma con quella forza d’animo, la nostra che, trasferitasi qui, ci trasforma, ci fa dimenticare il bene e il male dell’altra nostra isola, vicina o lontana, a seconda di come la si voglia vedere.
Ed è qui che tre distinti signori si son presi la briga di imprigionare pensieri, sentimenti ed emozioni altrui, essendone loro stessi interpreti, per la seconda edizione, senza fronzoli o sogni nel cassetto, ma solo “cose” fatte di semplicità, di incontri, di compagnia, di scambio di idee, serie però! non da buttare al vento!
Scherzosamente, ed Eugenio Cossu è maestro, mi vien da scrivere “ Ciappa, Ciappinu e Mararazza”, giusto quei tre personaggi di cionfraiola memoria, che in questa occasione ne han dette di tutto e di più ma al contrario!
Eugenio Cossu, Antonello Bazzu, Mario Marras, sono quei tre signori sopra nominati e credo non abbiano intenzione di abbandonare questa loro creatura-creativa, sempre in quel contesto, dove ognuno di noi non deve sembrare ma deve essere, anima e corpo, in un tutt’uno, verità e bellezza che solo la poesia, nei suoi versi, sa donare, fa niente che siano in lingua sarda, in dialetto alloglotto o in italiano; importante è essere.
E coloro che hanno partecipato a questa seconda edizione de “L’isola dei Poeti”?
Uno più “bello” dell’altro, in primis le signore donne che sanno affascinare e alla luce del sole e al buio, illuminato davvero da stelle non cadenti, brillanti e alla fine anche simpaticamente ciarliere.
Un bis proiettato verso un tris a venire, senza vincitori, semmai e ancora con tutti noi, vinti dal fascino di questo lembo di terra, fatto di mare e di amore.
Ad maiora!
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