Siria, fra le macerie della guerra si coltiva il sogno mondiale

Creato il 11 novembre 2015 da Pablitosway1983 @TuttoCalcioEste

Sembra incredibile a credersi, ma il calcio in Siria non si è mai fermato nonostante la guerra civile. Non mi riferisco alla squadra nazionale che è vicina a contendere al Giappone il primo posto nel girone per le qualificazioni alla prossima Coppa del Mondo, bensì al campionato nazionale che si è concluso nel mese di agosto con la vittoria dell' Al Jaish. La nuova competizione partirà il 22 novembre per volere dello stesso Assad, che è intenzionato ad usare il calcio come specchio della tranquillità del paese, un controsenso vista l'attuale situazione.

In Siria è in corso una guerra civile che dura oramai da quattro anni, scaturita da una forza rivoluzionaria intenzionata a rovesciare il regime, e inizialmente supportata dallo schieramento occidentale, il promulgarsi degli scontri ha segnato il frazionamento del fronte popolare, lasciando spazio all'ingresso di terze parti altamente sovversive, ovvero L'Islamic State, che ha guadagnato indisturbato terreno verso Damasco, e conquistato anche parte dell'Iraq, in particolare l'area che va dal bacino dell'Eufrate nel nord-est siriano e parte del bacino del Tigri nel nord-ovest iraqeno. I risvolti della guerra sono stati fino ad ora tragici, con oltre 200.000 morti e un flusso migratorio che l'Europa non è in grado di gestire.
Con il recente ingresso della Russia nel conflitto, la Siria diventa uno snodo cruciale che rischia di spaccare nuovamente il mondo in due blocchi, nuovamente est ed ovest. L'entrata in guerra di Putin non è andata giù all'America, i cui intenti nel versante medio orientale non sono mai stati leciti, eppure costantemente sostenuti dalla stampa e dei governi occidentali. La Russia sta stringendo importantissime alleanze assieme Iran, Iraq e Cina, ed è intenzionata a mantenere Assad (o un uomo di fiducia) al potere. Il nuovo blocco coeso diverrebbe una potenza senza pari nel mondo, in particolar modo per le risorse petrolifere degli stati arabi arabi, questo è il vero motivo per cui Obama non vede di buon occhio una interferenza sul fronte siriano.

Tornando alla nazionale di calcio, questa sta sognando una qualificazione verso i Mondiali del 2018, inserita nel girone con Giappone, Cambogia, Afghanistan e Singapore, attualmente si trova al primo posto, il che gli permetterebbe di accedere alla fase successiva (passano tutte le prime e le quattro migliori seconde).

La Siria sta dando spettacolo nel proprio girone, l'ultima partita si è conclusa per 5-2 contro l'Afghanistan, giocata "in casa".... non proprio. Vi sono stati più gol che spettatori, perché la Siria disputa le partite "interne" in Oman, che non è uno stato confinante. Si è scelto lo stato arabo per motivi di neutralità, il sultanato dell'Oman non è a maggioranza sciita o sunnita, bensì ibadita, ovvero una "terza via dell'Islam" estremamente moderata rispetto a tutte le altre minoranze, e che ripudia la violenza. Più volte il regime ha sedato i violenti scontri fra sunniti e sciiti nell'area, interpretando anche il ruolo di mediatore per una tregua.

"E' certamente spiacevole giocare lontani da casa" racconta il capitano della nazionale siriana Abdulrazak Al Husein "In qualsiasi sport tutto ciò che un atleta può desiderare è giocare per il proprio paese, per la propria gente. Solo alla fine dei nostri viaggi in Oman veniamo a conoscenza di tutto quello che sta accadendo a casa nostra, puoi essere un cristiano, un mussulmano di qualsiasi fazione, ma siamo tutti parte di una grande famiglia".
Nonostante giochino a miglia di distanza, i giocatori della nazionale hanno preso parte alle proteste e agli scontri negli anni passati: il portiere Mosab Bahlaust fu arrestato nel 2011 per aver marciato assieme ai ribelli, per poi essere scarcerato e tornare a giocare. Nel 2012 l'attaccante Omar Al Soba sventolò la bandiera con l'effige dei rivoluzionari dopo aver vinto una partita valida per la West Asian Championship in Kuwait, mentre uno dei migliori giocatori del panorama siriano, Firas Al Khatib, si è rifiutato di rappresentare la propria nazionale, assieme ad altri giocatori ha fondato una forza di opposizione, ovvero la Free Syrian National Football Team, con base in Libano.

Non è solo la Siria a non poter disputare le partite in casa in questa prima fase delle qualificazioni asiatiche: l'Afghanistan disputa i propri incontri casalinghi in Iran. Anche la nazionale dello Yemen, attanagliato da una guerra civile, ha trovato accoglienza a Doha. Nei prossimi anni le spinose questioni di conflitto potrebbero ulteriormente aumentare a causa del Kurdistan, anch'egli impegnato nella sanguinosa guerra contro l'IS, che potrebbe sfociare con la conquista di un territorio indipendente. I curdi hanno una storia calcistica riconosciuta e una sua selezione nazionale, che pure non può essere iscritta alla FIFA in quanto non rappresenta uno Stato riconosciuto. Gioca così il Mondiale delle nazioni non affiliate alla FIFA, e nel 2012 ha ospitato e vinto l'ultima edizione.

La nazionale siriana scenderà in campo martedì 17 novembre contro il fanalino di coda Cambogia, dove è facile prospettare la conquista dei tre punti, mentre giovedì 11 la Siria avrà a disposizione un turno di riposo. Con ogni probabilità per decretare chi conquisterà il primo posto nel girone, sarà decisivo l'incontro in trasferta contro il Giappone alla penultima giornata.

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