Si vuole combattere lo Stato Islamico? Ottimo, si inizi a capire da dove arrivano armi e finanziamenti. La Stampa di oggi fornisce alcuni dati interessanti che fanno capire come sia complicato: (fonte)
SOLDI
-Il presidente turco Erdogan, intervenendo al summit sull’Energia a Istanbul, ha accusato Bashar al Assad di «acquistare sottobanco petrolio venduto da Isis, pagandolo a peso d’oro». Ciò significa che «Assad sfrutta il terrorismo per rimanere in piedi»
-Vladimir Putin ha consegnato ai leader presenti al G20 una lista di finanziatori privati di Isis: si tratta di cittadini di 40 Paesi, ma spiccano in particolare i turchi, sauditi e qatarini.
ARMI
-Il Centro di ricerche sugli armamenti nei conflitti, di base a Londra, afferma in un rapporto che le armi in possesso di Isis sono prodotte in Cina, Russia, Stati Uniti, Sudan e Iran. Includono almeno 656,4 milioni di equipaggiamento militare che gli Stati Uniti avevano lasciato all’Iraq e Isis ha catturato nelle basi militari così come ingenti forniture russe trovate nelle installazioni del regime di AssadINTERESSI POLITICI DI SINGOLE NAZIONI
-Fra i diplomatici europei accreditati a Istanbul e Ankara circolano con insistenza sospetti su presunte complicità fra il governo turco e Isis. La tesi prevalente è che Ankara ha consentito a Isis di rafforzarsi al fine di rovesciare il regime di Assad–movimenti iraniani in Iraq: l’offensiva massiccia contro Isis nella provincia di Dyala ha avuto successo grazie al sostegno dei raid aerei di Teheran, ma dopo essere riusciti ad allontanare i jihadisti dalla propria frontiera sono stati sospesi, allentando la pressione militare. Lasciando supporre di voler usare Isis con più obiettivi: spaccare il fronte sunnita, guidato dalla rivale Arabia Saudita, e spingere Washington ad allearsi proprio con Teheran per combattere i jihadisti in Siria.
Ed ancora. Gli Stati Uniti condannano lo Stato Islamico. I Francesi hanno subìto un attentato sanguinoso. Ci sono forti indizi che l’Arabia Saudita finanzi l’ISIS.
Eppure (dati alla mano, fonte Sole24Ore) “Negli ultimi cinque anni i sauditi hanno acquistato sistemi d’arma da Washington per 100 miliardi di dollari, di cui 12 negli ultimi mesi, nonostante il Congresso abbia sottolineato la persistente violazione dei diritti umani e i crimini di guerra in Yemen” (Perché gli Stati Uniti condannano i bombardamenti sauditi in Yemen però poi forniscono le armi ai sauditi per bombardare lo Yemen)
Semplificando parecchio, in Yemen stanno combattendo due schieramenti: da una parte ci sono i ribelli houthi appoggiati dalle forze fedeli all’ex presidente yemenita Ali Abdullah Saleh e dall’Iran. Dall’altra c’è una coalizione di paesi guidata dall’Arabia Saudita che appoggia l’attuale presidente yemenita Abed Rabbo Mansour Hadi. Si sta combattendo per il controllo del paese, ma a dei costi molto alti: negli ultimi sei mesi sono rimasti uccisi circa 2mila civili e più di un milione di persone hanno dovuto lasciare le loro case. Sana’a, una delle città più belle di tutto il Medio Oriente, è in buona parte distrutta.
…..La guerra in Yemen, hanno scritto diversi analisti nelle ultime settimane, potrebbe anche causare un rafforzamento di al Qaida. Al Qaida in Yemen (il cui nome completo è “al Qaida nella penisola arabica” – AQAP) è la divisione più potente di tutta l’organizzazione, quella che ha rivendicato, tra gli altri, l’attentato alla sede diCharlie Hebdo a Parigi dello scorso gennaio. Attualmente al Qaida controlla diversi territori nel sud-est dello Yemen