Washington dunque cede alle pressioni della Russia perchè, di fatto, le parole di Kerry rappresentano una sorta di legittimazione del regime di Damasco da parte dell’Amministrazione Obama. Il che, in sostanza, vuol dire che gli Stati Uniti hanno scelto di allinearsi agli obiettivi di Putin che prevedono, per un tempo non quantificato, ancora la permanenza di Bashar al-Assad alla guida della Siria, o di quello che ne rimarrà dopo l’avvio di un processo di pace.
Resta da capire quale sarà ora la posizione di Israele dinanzi a questo cambio di approccio americano. Sulla guerra all’ISIS lo Stato ebraico finora è rimasto alla finestra, convinto che la distruzione del Daesh fosse propedeutica al cambio di regime a Damasco. Ma ora da Gerusalemme giungono notizie di una frattura all’interno delle forze armate e delle strutture d’intelligence: come riporta l’agenzia israeliana Debka (molto vicina a queste ultime), gli ambienti militari e il Mossad sono entrambi divisi tra chi fa pressioni su Netanyahu affinchè il suo governo appoggi la nuova linea americana, e chi invece teme che una permanenza di Assad al potere comporti anche una presenza in Siria dei suoi alleati sciiti Iran ed Hezbollah, storici nemici della Stella di David.