Alla fine non resterà che fango su cui l'acqua scivolerà rapida scavando sotto i ponti e minando gli argini a valle. Questa è l'amara constatazione alla vista degli effetti dell'operazione, peraltro necessaria, di sistemazione idraulica dell'alveo dello Stirone. Un anno fa si è operato dove non serviva cioè a valle dei ponti ferroviari fino a Soragna. Questo dicembre si è posto mano al cosiddetto tratto urbano dell'alveo dello Stirone, tratto particolarmente problematico anche per effetto del restringimento progressivo del letto del torrente posto in atto dagli invadenti ed ingombranti vicini gestori attività economiche. Su questo aspetto era stata richiesta una preventiva verifica confinaria, ma non è dato di sapere sia stata effettuata o meno.
Resta il fatto che ormai il torrente e Fidenza sono due realtà non più simbiotiche come in passato anzi estranee ed ostili fra di loro. Il fiume è ormai solo una potenziale minaccia della città che peraltro lo ha spogliato della sua ghiaia così importante per la sua conservazione e ne ha invaso le sponde seppellendo orribili inquinanti rifiuti industriali. La nuova città d'altra parte nella sua espansione ha inoltre fagocitato terreni che potrebbero compromettere la situazione idraulica complessiva del territorio. Non è mistero l'importanza della zona pedecollinaree e di prima pianura nel regolare l'intero sistema delle acque del territorio. L'urbanizzazione, per ora parziale tra la Lodesana e Vaio, se estesa ai terreni più a nord per arrivare ai quartieri di recente costruzione, oltre ad essere un delitto paesaggistico ed urbanistico, porteranno l'unica via di smaltimento acque rimasta, il torrente Stirone, ad un periodico collasso. Gli effetti probabili li abbiamo visti recentemente in Veneto, al cui modello di sviluppo urbano ed extraurbano ci stiamo rapidamente adeguando.