Sistemo l'Europa e torno

Creato il 10 maggio 2012 da Dragor

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   Poiché mia figlia si è trasferita a Parigi con il gatto, ho pensato di fare un salto in Europa  per vedere come stanno. Sono ripassato da Bruxelles perché Brussels Air costa meno e come al solito mi sono estasiato davanti alla Casa del Pane. Nella Grand' Place tutti si estasiano davanti all’Hotel de Ville con il suo altissimo beffroi oppure davanti alle sedi barocche delle Gilde, invece io mi estasio davanti alla Casa del Pane, capolavoro del gotico fiorito che ha una struttura modernissima dove i vuoti prevalgono sui pieni come negli edifici di Mies Van der Rohe e ben rappresenta l’altissimo grado di civiltà delle Fiandre. E' seconda soltanto alla Toscana ma nelle Fiandre, 2 secoli prima di Palestrina, si sono gettate le basi della polifonia moderna quando in Toscana si salmodiava ancora con il gregoriano. Poi sono andato a vedere il museo Magritte. A Bruxelles Magritte è un mito, lo vedete perfino sui muri delle case e sui tetti. Per cominciare, la sede del museo annuncia il colore.

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  Poi il surrealismo magrittiano sconfina sul tetto del MIM (Museo degli Strumenti Musicali). Un cervello belga, questa è proprio surrealista.

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    Poi ho preso il TGV e sono andato a Parigi. Sbarcato alla Gare du Nord, prendo un taxi per andare da mia figlia nell'XI. Come parte, il taxista comincia "stronzo, pirla, vaffanculo, è arabo, è negro, è italiano, perché non stanno a casa loro, connard, salaud, salopard, pédé, enculé, je t'emmerde, merdeux, merde à pattes, raclure, ordure, va t' fair' foutre, fils de pute, putain con merde bordel de Dieu, grrrrrr... gniiiii... gronk..."  

   Non posso fare a meno di pensare agli automobilisti di Kigali che guidano con il sorriso sulle labbra e non si spazientiscono nemmeno nei peggiori ingorghi. E in caso d'incidente è tutto un "è colpa mia", "ma s'immagini, è colpa mia", "mi permetta almeno di pagarle i danni", "oh, no, lei è troppo gentile". Qui sembra che, una volta seduti al volante, tutti diventino  delle bestie feroci.

   Finalmente arrivo da mia figlia e Léo mi accoglie con quel particolare "miaou" che riserva soltanto a me quando ho un vestito nuovo o sono stato assente un po' di tempo. E' un miagolio sommesso, grave, dolce, un po' roco e inequivocabilmente interrogativo, perché termina circa un tono più alto della parte iniziale. Sembra chiedere: "Ma perché lo hai fatto? Dove sei stato? Lo farai ancora?" Lo prendo in braccio, affondo il viso nel suo pelo fragrante e gli piango addosso.

  Poi mia figlia mi invita in un buon ristorante e insiste per pagare il conto per dimostrarmi che guadagna  bene con il suo nuovo lavoro. "Hai visto, papà? Sono finiti i tempi del McDo", dice con orgoglio. Non oso dirle che ho nostalgia di quei tempi, quando la portavo al McDo e lei impazziva di felicità davanti a un Jumbo Banana Split.

   Poi, sapendo che mi piace il jazz, mi porta in una cave rétro dove uno zombie attaccato a un sax contralto cerca d'imitare Charlie Parker con il poco fiato che gli resta.

   Il mattino seguente  riparto per la Gare du Nord dove il TGV mi riporterà a Bruxelles per prendere l'aereo. Il taxista comincia subito "merdeux, enculé..." Oh, Kigali, Kigali, Kigali per sempre!"

   Dragor

  


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